Come si può prendere contatto con l’inconscio di un essere umano senza sapere dove e in che modo questo essere umano vive? Come se l’analisi fosse una bolla isolante, come se esistesse una storia solo personale, come se l’analista fosse esonerato dal pensare il mondo, o peggio, come se la dimensione sociale fosse un insieme di dati oggettivi?

Il lavoro analitico è indissolubilmente intrecciato al tessuto sociale, ogni colloquio lo contiene e ne è contenuto. Intendo dire che il diritto, l’economia, la politica, il costume, la cultura sono alla base della struttura della personalità, conscia e inconscia, del paziente come dell’analista, e che quindi un lavoro che si concentri sui problemi e i desideri degli esseri umani deve tenerne conto.

Ma il diritto, la politica, l’economia, il costume e la cultura cambiano nel corso del tempo e dunque anche la psicoanalisi cambia, come tutte le cose, come noi stessi cambiamo.

Ignorare queste trasformazioni non vorrebbe dire soltanto rinunciare a conoscere e a comprendere i nostri pazienti e noi stessi, ma significherebbe anche tradire il senso più profondo di ogni disciplina scientifica: quello di saper abbandonare l’ortodossia, la peggior nemica di ogni ricerca.

In questi anni molto è cambiato e a grande velocità. La fine dei blocchi contrapposti, la rivoluzione informatica, l’economia globalizzata, i diritti civili in ambito sessuale, la progressiva liberazione femminile, le nuove guerre nei paesi poveri, l’overshooting del pianeta hanno prodotto trasformazioni nello stile di vita, nel modo di pensare e di conoscere, generando nuove paure insieme a nuove opportunità.

Nel nostro paese un drammatico risveglio ci costringe a vedere l’impoverimento, l’erosione dello Stato sociale, una generazione senza lavoro, la confusione fra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario che sono alla base del nostro patto sociale, una banda di politici avidi e sanguinari, fieri della propria ignoranza, incapaci di governare, e anche solo di amministrare. Questo stato di cose sta cambiando la nostra vita, il nostro modo di reagire e le nostre abitudini consolidate.

Le conseguenze psichiche – sia personali che collettive – di questa situazione critica e turbolenta sono sotto i nostri occhi ogni giorno e quindi pensare il nostro lavoro anche solo come trent’anni fa è diventato impossibile.

Come lavorerebbero Freud e Jung – solo per fare un esempio – con il figlio di una coppia lesbica? Come affronterebbero gli attacchi di panico, la violenza senza movente, il dilagare della pornografia sadica, l’apatia delle nuove generazioni? Come aiuterebbero un omosessuale che vuole fare coming out?

Certo, la gran parte dell’impalcatura teorica tiene, ma oggi ci sono nuove situazioni da affrontare perché nuovo è il contesto sociale da cui traggono origine.

E’ di queste nuove situazioni che scriverò in questo blog.

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