Quarantacinque morti, oltre 8000 feriti. Questo è il risultato delle operazioni militari e di polizia condotte dalle forze israeliane negli ultimi tre anni nella Cisgiordania occupata

Uccisioni e ferimenti verificatisi non in uno scenario di conflitto ma nel corso delle proteste organizzate nei Territori palestinesi contro la prolungata occupazione israeliana, la continua espansione degli insediamenti illegali, gli 800 chilometri di barriera di separazione (definizione israeliana) o muro (definizione palestinese), le demolizioni forzate delle abitazioni, gli sgomberi forzati, i posti di blocco, l’uso riservato delle strade ai coloni, la detenzione di migliaia di palestinesi, gli attacchi militari israeliani contro Gaza e l’uccisione o il ferimento di palestinesi durante precedenti manifestazioni.

Secondo un rapporto pubblicato il 27 febbraio da Amnesty International, il crescente spargimento di sangue e l’aumento delle violazioni dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati, dal gennaio 2011, si deve in larga parte all’uso non necessario, arbitrario e brutale della forza da parte delle forze israeliane.

In tutti i casi esaminati da Amnesty International, 22 dei quali nel 2013, i palestinesi uccisi da soldati israeliani non sembravano porre un’immediata e diretta minaccia alla vita. In alcuni casi, vi sono prove che si sia trattato di omicidi intenzionali, equivalenti a crimini di guerra.

Come nel caso di Samir Awad, un palestinese 16enne di Bodrus, vicino a Ramallah, ucciso nei pressi della sua scuola nel gennaio 2013, mentre con alcuni amici cercava di protestare contro la costruzione della barriera di separazione o muro che divide in due il loro villaggio. È stato colpito tre volte (alla nuca, a una gamba e a una spalla) mentre cercava di fuggire dai soldati israeliani che avevano circondato il gruppo.

“La frequenza e la persistenza nell’uso della forza arbitraria e abusiva da parte di soldati e poliziotti israeliani contro manifestanti pacifici in Cisgiordania, così come l’impunità di cui hanno beneficiato gli autori, fanno pensare all’esistenza di una vera e propria politica” – ha commentato il direttore di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord, Philip Luther.

Se il numero dei palestinesi uccisi è elevato, quello dei feriti è impressionante. Negli ultimi tre anni i feriti in modo grave a causa dell’uso di proiettili veri da parte delle forze israeliane sono stati almeno 261, tra cui 67 bambini. Oltre 8000 palestinesi, tra cui 1500 bambini, sono rimasti feriti in altro modo, ad esempio a causa delle pallottole di metallo rivestite di gomma, delle granate e dello sconsiderato uso dei gas lacrimogeni.

L’impunità è pressoché totale, a causa di un sistema d’indagine completamente inadeguato: né indipendente, né imparziale, né trasparente. A oltre un anno di distanza non sono state ancora rese note le conclusioni di un’indagine condotta dalle autorità israeliane su alcune sospette uccisioni illegali.

In occasione del lancio del suo rapporto, Amnesty International ha chiesto alle autorità israeliane di istruire le loro forze armate ad astenersi dall’uso della forza letale, compreso l’impiego di proiettili veri o di pallottole di metallo rivestite di gomma, salvo quando ciò sia strettamente necessario per proteggere vite umane. Le autorità israeliane devono anche rispettare il diritto dei palestinesi a manifestare pacificamente

L’organizzazione per i diritti umani ha poi sollecitato gli Usa, l’Unione europea e il resto della comunità internazionale a sospendere tutti i trasferimenti di munizioni, armi ed altro equipaggiamento a Israele fino a quando non saranno chiarite le responsabilità delle pregresse violazioni dei diritti umani e non saranno istituiti meccanismi per garantire che quelle forniture non saranno usate per compiere o facilitare gravi violazioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.

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