Lidia amava un altro uomo. È per questo che l’ex compagno, sabato sera, in un sottopasso della stazione di Mozzate (Como), l’ha colpita e l’ha lasciata a terra agonizzante. I Carabinieri hanno risolto in meno di 48 ore l’omicidio di Lidia Nusdorfi, 35 anni morta dissanguata. L’ipotesi che il movente fosse passionale era emerso subito dopo il delitto, oggi c’è la conferma che si tratta dell’ennesimo caso di femminicidio. In manette a Rimini è finito Dritan Demiraj, albanese di 29 anni. Fermo anche per il suo datore di lavoro, che gli avrebbe fornito un falso alibi.

Sabato sera la donna era appena scesa dal treno proveniente da Milano delle 19.30 e stava scendendo nel sottopassaggio quando era stata aggredita da un uomo. Lidia era stata assalita alle spalle e colpita più volte con un oggetto appuntito al torace e alla gola. I soccorsi erano arrivati tempestivamente, ma per Lidia non c’era più nulla da fare. Gli investigatori avevano poi scoperto che la vittima aveva un appuntamento e per questo era stata esclusa subito l’ipotesi di una rapina.  

Dritan Demiraj ha confessato dopo ore di interrogatorio in cui i carabinieri hanno colto le contraddizioni tra le dichiarazioni dell’albanese e quelle del datore di lavoro. L’uomo ai carabinieri ha raccontato che la relazione con Lidia era finita sei mesi fa, ha spiegato si è detto tradito, perché la donna aveva iniziato a frequentare il cugino. Un nuovo amore fatale per la 35enne con un ragazzo poco più che ventenne che avrebbe scatenato la gelosia dell’ex. Lidia aveva lasciato Rimini e si era trasferita da parenti a Mozzate.

Lidia se n’è andata ad agosto. Non abbiamo più rapporti, ci sentiamo raramente. Perché, cosa è successo?” aveva risposto all’ora di pranzo, al cronista del ‘Resto del Carlino’ sulla porta della sua abitazione riminese. “L’ultima volta è stata dieci giorni fa, urlava al telefono. Mi ha mollato lasciando qua i suoi due figli”. Più tardi, prima di entrare nella caserma per essere sentito dai carabinieri, Demiraj aveva aggiunto: “Mi dispiace molto per quello che è accaduto a Lidia. Mi tradiva con mio cugino poco più che ventenne, che per me era come un fratello, e poi se n’era andata. Ha abbandonato non solo me ma anche i figli, uno avuto con me e uno frutto di una precedente relazione. Voleva rifarsi una vita e invece ha trovato la morte. È lei che ci ha abbandonato e guardi come è andata a finire. Quando si fa del male a chi ti ama, non sai mai con chi vai a finire. Chissà chi avrà incontrato sulla sua strada per fare una fine come quella”.

Il datore di lavoro dell’albanese, M. M., titolare del bar pasticceria Alter ego in via del Volontario a Rimini, ieri aveva tessuto le lodi lavorative del suo dipendente: “È una persona affidabilissima, di quelle che non stanno a badare all’orologio. Mi aveva chiesto di lavorare dalle 3 alle 6 di mattina e al pomeriggio dalle 15 alle 18.40, orari che gli servivano per portare i bimbi al mattino a scuola e all’asilo. Anche sabato sera ha lavorato qui, come tutti i giorni, fino a quasi le 19. Era rimasto molto male dalla fine della loro relazione, mi diceva che era dura tirare avanti con due bimbi, ma pensava a lavorare e a stare con loro”.

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