La violenza che dilaga nella Repubblica Centrafricana e l’impotenza delle forze militari internazionali. Il peggioramento della situazione nel Sud Sudan, da dove sono partiti gli oltre centomila profughi giunti in Kenya, Uganda, ed Etiopia, ai quali MSF fornisce assistenza sanitaria. Queste alcune delle news per il numero di febbraio di ‘Un mese in azione‘, il Tg di MSF, che a Khost, in Afghanistan, ha riaperto il reparto di maternità chiuso ad un solo mese dall’apertura nel 2012 a causa dell’esplosione di una bomba al suo interno e della morte di sette persone. Dopo mesi di negoziazioni MSF è riuscita a riattivare il progetto dedicato alle donne locali. Oggi vi nascono dai 30 ai 40 bambini al giorno. Una storia ancora più importante alla luce del rapporto MSF diffuso ieri “Tra retorica e realtà: la continua lotta per l’accesso all’assistenza medica in Afghanistan” (leggi il rapporto), una ricerca condotta per 6 mesi con 800 pazienti che mostra come dopo più di dieci anni di aiuti e investimenti internazionali, l’accesso alle cure mediche per la popolazione afghana comporta rischi gravi e spesso mortali a causa dell’insicurezza, delle lunghe distanze, dei costi, tanto che una persona su cinque ha perso un membro della famiglia o un amico a causa del mancato accesso alle cure mediche

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