Le mie radici si ramificano in quell’oceano di alberi che è l’Amazzonia. La mia famiglia è originaria dell’Acre. Nella voce di mio padre mille voci, umane e non, e parole che generavano mondi colorati. La memoria di mia nonna era come un dizionario parallelo dove apprendere la vita delle origini, dove un solo albero era il centro di un microcosmo vivente, di cui l’uomo fa parte. Per lei, come oggi per me, non esisteva differenza fra quello che diceva e quello che viveva.

Da allora le parole respirano naturalmente insieme a me. La mia mente è un albero colmo d’uccelli che straripa e giunge lontano, ai confini dell’orizzonte oscuro. L’intreccio dei rami si sgretola al limitare dei monti. Io-albero sento rami e germogli nelle mie mani. I fiori respirano attraverso le mie narici. La mia pelle-foglia è sensibile, un vibrare continuo. Il verde dei miei capelli è scompigliato dal vento. I piedi sono radici… sento l’acqua filtrare.

L’albero è come un grande, unico corpo in trasmutazione. Ma ogni albero è anche un individuo. Ognuno di essi ci appartiene, è una parte di noi, è il nostro stesso respiro. È un’energia che ha bisogno di essere protetta. Gli alberi siamo tutti noi, noi che dobbiamo riaffermare l’identità con la natura, noi che siamo acqua, luce, aria, non entità separate, ma vita comune.

Dorme la terra, immersa nell’oscurità. Ma cosa sognano gli alberi quando dormono? Dove si nasconde il concetto di vita? Gli alberi vivono di piogge, di rugiade eterne e delle brume dei fiumi e degli oceani, di mattutini vapori e nebbie delicate. Durante il giorno il calore del sole dilata i loro corpi sublunari che assorbono così, nel profondo, la soavissima brina notturna. Odori fragranti, sementi aeree, un crepuscolo vegetale aderisce alle cortecce, ritmo ondulato che emerge nelle notti di sempre, un’immensità verde di ossigeno e di profumi che si espande, si dirama ovunque.

Ma oggi gli alberi giganti della foresta conoscono una biforcuta lingua di fuoco che li distrugge. Il vento porta una luce splendente e fumo nero e caldo incandescente che penetra tra il verde: le foglie ardono nel caos della foresta. Tutto è fuoco… gli alberi cadono… tutto è cenere. In questo disordine frenetico anche il cielo cadrà. Lo sterminio non cessa: urlano i tronchi, gemono le radici. dolore selvaggio. Fuggono gli animali dai rami-rifugio. Alberi mostrate le vostre viscere, le vostre nervature e vene. Respirate! È ancora qui la vita! Respirate. non fermatevi: è ancora qui l’inizio della vita.

Dobbiamo insegnare alle future generazioni che ogni albero rappresenta l’ideale stesso della bellezza, che incarna quell’idea di sacro che ogni artista immagina, che è la sostanza di un più intimo rapporto con il mondo, la possibilità di un dialogo d’amore. Un albero è più bello di una statua greca. Negli alberi vedo, sento, respiro un’aria piena di parole vive e sussurrate dal vento.

Alberi! Ognuno di voi ha un nome: Açaná, Tapajurá, Igarapé, Araçá, Yaná. e Acero Montano, Faggio, Roverella, Quercia, Pioppo. Alberi! Nel vostro ondeggiare il brivido dell’essere!

di Marcia Theophilonata a Fortaleza in Brasile. Poeta e antropologa. E’ testimonial dell’iniziativa “Per una cultura della biodiversità”, promossa dall’Unesco

A cura di Michele Afferrante

Il Fatto Quotidiano, Lunedì 11 febbraio 2013