Dopo aver pubblicato il primo disco intitolato Auff, la band Management del Dolore Post Operatorio ottiene notorietà in seguito a un’esibizione ritenuta blasfema e volgare durante l’ultima edizione del Concertone del Primo maggio in piazza San Giovanni. Nel corso del concerto il frontman della band, Luca Romagnoli, per dare potenza comunicativa al loro messaggio presenta il preservativo come l’elemento salvifico per la salute, alzandolo al cielo come fosse un’ostia. Ottenendo il risultato di essere dapprima censurato – gli hanno tolto l’audio durante la performance –  ed essere bollati come “gli idioti dell’attualità” subito dopo. Ma ascoltando il nuovo disco di questi quattro ragazzi di Lanciano, che devono il loro nome a un incidente d’auto, quando furono costretti a far i conti per davvero con il dolore post-operatorio – chi in rianimazione per settimane, chi per un femore spezzato, chi per un ginocchio rotto e chi per una milza asportata – dimostrano che possono cavarsela benissimo servendosi solo della musica, senza dover ricorrere a inutili artefizi.

Il prossimo 11 marzo uscirà il loro secondo album intitolato McMao e fin dalla copertina si capisce che la provocazione, come il loro essere irriverenti, sono insiti nel loro dna. L’idea di sbeffeggiare il rivoluzionario cinese in realtà è dell’artista siciliano Giuseppe Veneziano, del quale i Management apprezzano lo stile “inconfondibile e molto attuale”. Sono rimasti molto colpiti dalla sua opera che raffigura Mao come un clown:  “Il volto di Mao truccato da pagliaccio del McDonald’s – afferma Romagnoli –  è la fine di tutti i sogni e delle utopie. Rappresenta la vittoria definitiva del capitalismo”. Del resto non è un caso che i consumatori cinesi hanno acquistato nel 2013 il 47 per cento  di tutti i beni di lusso venduti nel mondo. Una spesa di ben 102 miliardi di dollari! All’interno del booklet del cd c’è anche il McObama: un per mettere in risalto una certa somiglianza tra il modello della dittatura politica orientale e quello della cultura dell’omologazione economica occidentale”.

Composto da undici brani, il disco è anticipato dal singolo James Douglas Morrison, un intimo dialogo col Re Lucertola a cui si chiede se vale la pena continuare a suonare, o se sia meglio “dire basta e morire nella vasca”. Del resto anche a Jim capitò di esser considerato un idiota. Oggi però gli stessi che lo consideravano tale guadagnano denaro grazie al suo volto impresso sui gadget e magliette che vendono. Un paragone che è un invito a non fermarsi in superficie e ad andare in profondità, per scoprire il cantautorato elettronico del Management del Dolore Post Operatorio. I brani, scritti da Luca Romagnoli, inducono in utili riflessioni ed è molto valido il sound della band formata dal chitarrista Marco Di Nardo, dal batterista Nicola Ceroli e dal bassista Luca Di Bucchianico. Le canzoni che val la pena ascoltare sono Oggi chi sono, Coccodè, Cinematografo e la folle La rapina collettiva che chiude l’album. Brani provocatori dove sono tante le stoccate nei confronti della società svuotata di valori e della cultura sempre più omologante, in cui non conta ciò che si sa, ma ciò che si fa. Da Morrison si passa con nonchalance a Luca Carboni, personaggio da loro amato e del quale è presente la cover di Fragole buone buone.  Un bel modo di celebrare la folle gioia di vivere male come metodo di sopravvivenza alla precaria esistenza quotidiana.

Articolo Precedente

Sanremo 2014: la candida rivoluzione di Fabio Fazio

next
Articolo Successivo

Depeche Mode: la scaletta (non) è un optional

next