Ogni artista, prima o poi, dedica una sua opera alla mamma. E i cuochi non fanno eccezione, neppure se sono tra i più blasonati. Joan Roca è lo chef de El Celler de Can Roca di Girona, nel 2013 definito il miglior ristorante del mondo dalla raffinatissima classifica The World’s 50 Best Restaurants. Autore di numerosi libri di cucina, dopo aver raggiunto l’ambitissima palma, non ha saputo resistere e ha reso omaggio alla madre Montserrat, che lui stesso definisce “musa ispiratrice” dei suoi capolavori gastronomici. Nel libro “La cucina di mia madre” (edizioni Vallardi), Joan Roca racconta i piatti che sono all’origine del suo ristorante, nella tradizione della famiglia: “Non ricordo esattamente l’età in cui dissi a mia madre che volevo intraprendere questa professione – spiega lo chef – però lei conserva ancora la giacca da cuoco che fece confezionare per me quando avevo appena nove anni”.

Ora il suo nome è diventato celebre in tutto il mondo, ma Joan Roca vuole comunque rivolgersi a tutti e spiega la tradizione catalana partendo dalle basi, a prova di uno dei più noti cliché, quello dell’uomo imbranato ai fornelli. Per prima cosa illustra le diverse tecniche di cottura, precisando le differenze essenziali (ma troppo spesso date per scontate) tra bollire, saltare, friggere, cuocere al vapore e alla brace, arrostire, stufare, scottare ed escalivar (cuocere alla griglia). La seconda parte, utilissima, è riservata alla preparazioni di base della cucina catalana. Il sofregit, ad esempio, è un soffritto con lardo di maiale, cipolla, aglio e pomodoro maturo che rappresenta l’elemento fondamentale per gran parte delle ricette e la picada è il classico trito mediterraneo, trionfo e completamento di un piatto in umido. Per prepararla, non esiste una ricetta precisa e il cuoco è padrone assoluto, inserendo di volta in volta aglio, prezzemolo, zafferano ma anche nocciole, mandorle, pinoli, biscotti, cioccolato, peperoni secchi, fegato di pollo, mollica e pane secco o tostato.

Infine, le ricette, che raccontano una terra non comune e orgogliosa:“La cucina catalana è la somma di cucine di luoghi dotati di caratteristiche orografiche molto diverse – racconta nell’introduzione del libro lo chef Pep Noguè, presidente dell’Associació Alimentaria Garrotxa – le quali generano microclimi estremamente particolari. In pochi chilometri troviamo una grande varietà di coltivazioni, dalla prossimità del mare all’entroterra, fino alla montagna. Ogni zona ha il suo marchio di personalità”.  E in effetti le proposte sono estremamente variegate, anche per calorie ed ingredienti. Si passa da piatti tutto sommato leggeri (insalata di erbe di montagna, sogliola alle mandorle, zuppa alla menta) a portate più impegnative (zuppa di castagne, uova strapazzate con funghi, suquet di sgombri, coda di rospo alla marinata) fino ai dessert più o meno noti (crema catalana, riso dolce al latte, frittelle all’anice). Per stomaci molto appassionati e molto forti, poi, ci sono le ricette più tradizionali, per lo più a base di carne, sanguinaccio ed interiora: la pasta con costolette e salsicce, il plantillo de menuts (stufato di frattaglie), la frittata di botifarra negra, le lumache con costate di maiale e botifarra e il sang amb ceba (sangue di maiale con cipolla). Eppure, Joan Roca dice: “A causa dei suoi ingredienti, la nostra cucina tradizionale è stata spesso considerata pesante, con molti grassi, ma io non sono d’accordo. Una cucina è pesante quando si ignorano le basi delle tecniche di preparazione e di cottura”. Insomma, è tutta questione di allenamento.

di Danilo Poggio

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