“Signora, scusi, sono il portiere. Volevo dirle che mi ha chiamato l’Acea. La stanno cercando perché non paga le bollette”. Questa è una storia vera. Anzi, più d’una. Storie che accadono a Roma, quotidianamente. Mentre si consuma la guerra a distanza tra il sindaco Marino e il deus ex machina della municipalizzata dell’energia, Francesco Gaetano Caltagirone – che, come ha scritto Daniele Martini su questo giornale, detiene il 16 per cento del capitale, ma controlla 7 consiglieri su 9 –, succede che sempre più spesso i cittadini vengano vessati dalla controllata, Acea Energia, o da società di recupero crediti cui quest’ultima di affida. Bollette insolute? Macché, solo fax non letti. Andiamo con ordine e raccontiamo la storia della signora Agnese (il nome è di fantasia).

All’inizio del 2012 arriva alla signora, insieme con la bolletta della luce, la richiesta di pagamento di due fatture, che risultano insolute. Acea ha ragione su una, che Agnese dice essere mai giunta, ma ha torto sull’altra, regolarmente pagata. Così la signora salda il debito e manda all’azienda un fax con le ricevute dei pagamenti. Lei non lo sa, ma lì ha inizio la sua via crucis. Dalla bolletta successiva ad oggi – per due anni, dunque – continua ad arrivare la richiesta di pagamento di quelle due fatture.

Non sono bastati quattro fax, inviati dall’utente al numero indicato sulla fattura, a convincere l’azienda quanto meno a verificare l’esistenza di quei versamenti effettuati on line via home banking. Un bel giorno dello scorso anno Agnese ha ricevuto la visita del portiere dello stabile in cui abita: “Mi ha detto che mi stava cercando una certa signora per conto di Acea – racconta al Fatto – Hanno fatto sapere al portiere che io non pago, mi sono vergognata come una ladra”. Agnese, alquanto scossa, ha chiamato l’incaricata e ha tentato di sistemare la questione. “Mi sono sentita rispondere che lei non poteva ricevere fax o mail con le ricevute e che il suo compito era solo quello di sollecitare il pagamento”. Come fare allora? “Mi sono rifiutata di perdere una mattinata di tempo, e di lavoro, nel palazzone di Acea – racconta ancora Agnese – e così ho ignorato le successive richieste”. Fino a quando, venti giorni fa, è arrivata una raccomandata con la messa in mora e l’intimazione a pagare, “altrimenti mi avrebbero staccato la luce in 25 giorni. Così ho deciso di fare causa”.

Altra signora, altra storia. Questa volta è Flavia a parlare. “Mi è arrivata una telefonata sul fisso di sabato mattina alle 9. Era un numero di Milano. Hanno chiesto di mio marito, perché risultavano insolute le bollette di dicembre 2013 e gennaio 2014. Ma mio marito è morto a luglio dell’anno scorso e un mese dopo io ho fatto la voltura del contratto!”. Stavolta l’addetto dell’agenzia di recupero crediti ha chiesto a Flavia di mandarle la documentazione “che Acea ha già”. Agnese e Flavia non si sono fatte intimidire. Ma cosa accade a una persona anziana che non ha gli strumenti per difendersi?

“Acea Energia pone la massima attenzione nel rapporto con la propria clientela, che è composta da oltre 1,5 milioni di persone – risponde l’azienda, contattata nel merito dal Fatto – È dunque nostro interesse effettuare immediate verifiche rispetto ai disservizi segnalati, intervenendo, nel caso, per risolverli fattivamente. La stessa attenta verifica sarà subito attivata per controllare, nei casi specifici, l’adeguatezza dei comportamenti tenuti da società terze, che effettuano recupero crediti per conto di Acea”. Per maggiori chiarimenti chiedere al portiere dello stabile.

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