A che serve la politica nelle nazioni governate da primi ministri non eletti? A nulla, ecco la risposta del villaggio globalizzato. La riprova? L’indifferenza del mondo del denaro (quello vero non quello sfilato ai contribuenti) nei confronti dell’ascesa di Matteo Renzi a premier italiano.

Un video del Financial Times non solo getta luce sul perché non conti nulla se il presidente del consiglio si chiama Letta, Renzi o Monti, ma spiega che anche in passato la figura del primo ministro è stata irrilevante, chi governa è la macchina che sta dietro. La casta, come piace definirla agli italiani. Una macchina che non funziona affatto bene ma anche questo è irrilevante: dagli anni Settanta fino ad oggi la cosiddetta stabilità politica in Italia non ha avuto alcun impatto sull’andamento dell’economia, ce lo dimostrano un paio di grafici compilati dal Financial Times sul mercato azionario italiano ed europeo.

E’ interessante scoprire che sul mercato azionario, e quindi quello più direttamente legato al settore produttivo, la performance italiana è sempre stata peggiore di quella europea. La favola che ci raccontiamo da sempre: il Made in Italy è ricercatissimo, noi abbiamo grandi eccellenze, siamo bravi, più bravi di tutti è solo una favola. L’andamento del mercato azionario in Europa ed in Italia ci dimostra esattamente il contrario. Le nostre eccellenze appartenevano alla politica della svalutazione, che rendeva il Made in Italy più competitivo grazie a politiche che molti hanno definito molto vicine al dumping.

Ma torniamo al nuovo governo. Rimpasto dei ministri del Pd e mantenimento di quelli di Alfano. Stesso parlamento, stesso presidente della Repubblica, stesso paese, stessa crisi e così via. Cosa è cambiato? L’età del primo ministro ed il sesso di alcuni ministri. Basta questa formula per rilanciare una nazione che dagli anni sessanta arranca come illustrato dall’andamento pessimo del mercato azionario ed obbligazionario?

Il giudizio dell’alta finanza mondiale è sintetizzato dalla differenza tra lo spread dei titoli a breve e quello dei decennali, il primo è in linea con quelli europei il secondo è molto più alto. Perché? Semplice, l’Italia è un mercato a breve, dove si entra e si esce velocemente perché è fondamentalmente disfunzionale. Al momento le sue sorti dipendono da Berlino e da Francoforte, Merkel e Draghi, ed è lì che sono puntati gli occhi di tutti. E la politica che costoro perseguono è chiara a tutti: deflazione interna per rendere l’Italia, una nazione da sempre povera, un serbatoio di manodopera a basso costo.

Quanto durerà Renzi? Quanto gli altri, questa l’opinione diffusa, se è fortunato due anni se, come molti pensano, si ritroverà come Letta con la camicia di forza dei consensi parlamentari, molto meno. Ma tanto questo teatrino è solo facciata, una farsa che solo gli italiani prendono sul serio.

All’estero, infatti, lo stile sbarazzino di Renzi, ribattezzato alla Fonzie dal celeberrimo show Happy Days, non fa presa, la comunicazione è molto più sofisticata e richiede abilità vere, non solo d’immagine. In Italia invece la situazione è ben diversa, piacciono i modi da sala biliardo di Berlusconi e quelli da boy scout di Renzi, e questo ahimè è un segno dell’immaturità politica della nazione oltre che del suo basso peso specifico in Europa e nel mondo.

A Wall Street c’è chi dice che questi tre primi ministri non eletti rappresentano alcune delle facce della casta: il professore, il politico navigato ed il giovane ambizioso figlio di industriale, tutta gente privilegiata. Anche l’America è governata da individui simili, ma ogni tanto riesce a spuntarla anche uno come Obama, e questo è un conforto insieme al fatto che ad eleggerlo sono stati gli americani e non il partito.

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