Putin ha vinto l’oro nel pattinaggio, ma ha perso l’Ucraina”. È l’ironia che si scatena su Twitter verso il titolare del Cremlino, che nulla ha potuto fare contro la rivoluzione ucraina. Il canale Tv Tsn sostiene, citando una sua fonte, che il destituito presidente ucraino abbia tentato la fuga in Russia, anche se, a quanto pare, non atteso a braccia aperte. Nel giro di 24 ore Yanukovich non è solo dovuto scendere a patti con l’opposizione. Ha lasciato in tutta fretta la sua residenza lussuosa alle porte di Kiev, per rifugiarsi nel “feudo” pro-russo di Kharkov, mentre la Rada, il parlamento ucraino, votava a maggioranza il suo impeachment. “Nella residenza di Yanukovich, Mezhigorye, nei pressi di Kiev, stanno facendo entrare chiunque: lui stesso è fuggito, come anche la guardia, il personale di servizio si è disperso… Una fine ridicola per il presidente”, ha twittato Alexey Pushkov, presidente del comitato per gli Affari Esteri della Duma.

Pushkov è stato mandato da Putin, insieme ad altri parlamentari russi, alla riunione dei deputati dell’Ucraina meridionale e orientale, che si svolgeva proprio a Kharkov. Riunione alla quale Yanukovich pur trovandosi nella stessa città non si è presentato, a conferma dell’impressione sempre crescente che il Cremlino abbia scaricato il suo alleato. L’irritazione di Putin verso Yanukovich non si legge solo nel tweet di Pushkov. Da quando la situazione a Kiev è sfuggita di mano il 19 febbraio, la Russia non ha smesso di mandare al presidente ucraino una serie di segnali per rimproverargli di non essere riuscito a “reprimere il dissenso e ristabilire l’ordine nel Paese”. 

Il primo a dare il “bacio della morte” al destituito leader ucraino è stato il premier russo Dmitry Medvedev, durante il consiglio dei ministri del 20 febbraio. Medvedev infatti ha confermato il congelamento della seconda tranche da 2 miliardi del prestito russo di 15 miliardi. Prestito che i manifestanti della piazza Maidan hanno visto come il prezzo al quale Yanukovich ha venduto il Paese alla Russia. “È necessario che i nostri partner siano in forma e che il potere ucraino sia efficace e legittimo e non diventi uno zerbino”, così ha detto Medvedev dettando le condizioni perché il portafoglio russo rimanga aperto per tappare i buchi dell’economia ucraina. Con questa dichiarazione il premier russo ha sdoganato la sottile gogna mediatica dei media russi pro-regime contro l’ex leader ucraino.

“Yanukovich non ha volontà politica, è un uomo smidollato, uno zerbino”, ha detto Vladimir Zhirinovsky, leader del partito nazionalista Ldpr, commentando sui canali Tv pro-Putin la situazione ucraina, mentre nel pomeriggio veniva liberata l’ex premier Yulia Timoshenko. Che il compito di scaricare Yanukovych sia stato affidato proprio all’eccentrico politico che fa finta di fare l’opposizione alla Duma, non è un caso. Spesso viene usato dal Cremlino per lanciare dichiarazioni troppo estreme da poter essere ufficializzate. Il giorno prima un altro segnale era arrivato da un gruppo di “artisti” russi di origine ucraina vicini a Putin, tra cui il Frank Sinatra russo, Iosif Kobzon, sospettato dagli Usa di legami con la mafia. Gli artisti hanno rivolto una lettera aperta a Yanukovich in cui lo esortano a reprime la protesta dei “fascisti” che hanno “scatenato il caos in Ucraina”. Infine, secondo l’economista Andrei Illarionov, prima consigliere di Putin e ora all’opposizione, a dirla tutta sul fatto che il presidente russo abbia lasciato al proprio destino Yanukovich, è la telefonata tra il titolare del Cremlino e il presidente americano Barack Obama. Si sono sentiti tra il 21 e 22 febbraio per discutere la situazione in Ucraina. Insolitamente l’ufficio stampa del Cremlino ne ha dato annuncio nella note. “Così Putin ha voluto smarcarsi dall’attività distruttiva di Yanukovich”, sostiene l’ex consigliere del presidente russo sul suo blog.

Il cambio di tono sulla crisi ucraina si percepisce anche nei tg pro-regime sui media russi. Anche se il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, continua a definire l’opposizione ucraina estremista. Prima nell’appello rivolto il 22 gennaio ai ministri degli Esteri polacco, francese e tedesco e poi nella telefonata con il segretario di Stato americano, John Kerry, Lavrov ha fatto passare lo stesso messaggio: “Bisogna far rispettare ai radicali di Maidan l’accordo del 21 febbraio firmato con Yanukovich e smettere di far finta che rappresentino gli interessi del popolo ucraino”. Anche se nel giorno della rocambolesca fuga di Yanukovich, i notiziari di Russia24 e Life news, sito e canale Tv vicini ai servizi segreti, hanno smesso di chiamare i manifestanti ucraini “terroristi”, parlando di “attivisti che rappresentano il popolo”.

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