Ho finalmente compreso in modo “fisico” il sentimento di identificazione dei grillini per il loro leader. Mi mancava quest’ultimo miglio del tutto muscolare, che la diretta streaming ha evidenziato in modo persino bestiale e crudele, nella quale due aggressività conclamate e molto diverse tra loro non hanno mai trovato una sintesi possibile, dovendosi comprimere quella di Renzi nella nuova veste istituzionale, mentre l’anima sarcastica e corrosiva, al limite della maleducazione, di Beppe Grillo ha potuto rovesciarsi senza pietà sul nemico da abbattere.

Ho capito perfettamente quel sentimento di identificazione perché contiene, in sé, un elemento devastante e del tutto originale nella storia moderna della nostra politica. L’idea che il Potere, variamente rappresentato (oggi è Renzi, ieri Letta, l’altroieri era Berlusconi e così via), si possa strapazzare a venti centimetri di distanza, dicendogli in faccia tutto quel che si pensa di Lui, e non già al riparo di una telecamera o di un inutile convegno. Senza più diaframmi, senza più infingimenti né cerimonie da Transatlantico. 

È un meccanismo psicologico e interiore, prima ancora che fisico, muscolare, aperto. È la consapevolezza di non essere subalterni a quel Potere, ma anzi di poterne disporre in termini critici e dialettici, se non di addirittura, come ha rappresentato Grillo, sostanzialmente di disprezzo. È non averne PIU’ paura.  In un concetto, trasferire ai cittadini l’idea che ognuno di loro potrà combattere il Potere, tutti i poteri che si annidano nei mille rivoli delle società, con le stesse armi che ha usato il leader. E uscirne vincitori.

Questo sentimento di identificazione, che trascina, che entusiasma, che raccoglie un’adesione immediata, che sembra liberarti da una cappa di piombo secolare, potrebbe, sulla distanza medio-lunga, rappresentare anche la Grande Illusione. Perché quella drammaturgia dello streaming con cui il leader ha voluto significare la distanza del Movimento da un mondo che considera complessivamente inverecondo («tu sei buono ma sei anche l’espressione di poteri marci») avrà la necessità di essere corroborato dalle cose da fare e in seguito dalle cose fatte. La necessità che quel distacco dal Potere, che apparentemente ti allontana inesorabilmente dalle istituzioni, venga compensato dai risultati ottenuti. I quali, come tutti sappiamo, sono l’unico viatico possibile per mantenere il consenso elettorale.

È una divaricazione che si è notata in maniera palmare nel corso dell’incontro tra Renzi e Grillo e poi nella successiva conferenza stampa dei due. L’incontro è andato come tutti sapete e avete visto, Grillo non lo ha fatto parlare, lo ha irriso, provocato, ha giocato d’anticipo, sapendo perfettamente che avrebbe deciso lui il tono della sfida. Sfida che non c’è stata, perché il presidente incaricato ha cercato un bon ton istituzionale che l’altro non gli ha neppure concesso.

Temo che nell’animo grillino, questa sia la parte che ha entusiasmato di più. La parte, appunto, “fisica”. La parte in cui dargliene di santa ragione. La parte in cui osservare goduriosamente come il Potere può balbettare. Comprensibile, certamente, ma probabilmente sbagliato. La parte su cui entusiasmarsi, semmai, doveva essere la seconda, quando Grillo e Renzi si sono presentati ai giornalisti. È qui che Grillo ha espresso la parte migliore del Movimento, raccontando le esigenze reali, concrete, anche sottili nella loro rappresentazione, di una società intricata e problematica come la nostra, parlando di ambiente, di energie rinnovabili, di acqua potabile, di società pubbliche e di tante altre questioni che sono sulla nostra pelle.

Tutto questo, una volta fatto, se sarà fatto, dovrà diventare buona comunicazione sociale. Ottima comunicazione sociale. E su questo Grillo e i suoi ragazzi sono ancora molto indietro (anche, è vero, grazie alla stampa). 

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