Un viaggio di 46 giorni, da solo, in capo al mondo. Michele Pontrandolfo ci prova: vuole attraversare a piedi il Polo Nord geografico, senza rifornimenti, e piantare la bandiera italiana ai 90° Nord di latitudine. Il tricolore gli è stato donato da Giorgio Napolitano, e sarà custodito in una delle due slitte di kevlar che l’esploratore pordenonese trainerà per circa mille chilometri. Una missione, quella di raggiungere il Polo Nord geografico in solitaria che è riuscita solo a due persone fino a oggi: il norvegese Borge Ousland e l’inglese Pen Hadow. Pontrandolfo, con la sua voglia di avventura estrema, fa emergere dal ghiaccio il ricordo delle spedizioni che sono diventate parte dell’immaginario comune, con Ambrogio Fogar, Reinhold Messner, Walter Bonatti e Giovanni Soldini.

Ma al giorno d’oggi, forse ancora di più, una spedizione ha il suo fascino. Pontrandolfo si muove “all’antica”, è lui stesso a parlare di “etica della spedizione“, che non prevede rifornimenti aerei o aiuti di alcun tipo e nel 2010 aveva già tentato l’avventura, interrotta per dei danni all’equipaggiamento. L’unico contatto con il mondo può averlo con un telefono satellitare, per il resto intorno a lui ci sono 14mila chilometri di ghiaccio. Qualche incontro, però, Pontrandolfo lo fa, pur trovandosi in uno dei posti più inospitali della terra. Capitano, infatti, i faccia a faccia con il re dell’artico, l’orso polare. Un faccia a faccia tanto profondo quanto pericoloso. E’ lo stesso Pontrandolfo a sottolineare a ilfattoquotidiano.it che quando si incontra l’orso, in poco tempo ogni velleità romantica scompare, e si è costretti “a sparare un paio di colpi di fucile per farlo allontanare”.

L’equipaggio per un’esplorazione polare è minimale: fornello, cibi liofilizzati, impianti satellitari, tenda, sacco a pelo e poco altro. Il fucile non può mancare, perché l’orso polare può essere una vera minaccia. Imprevisti a parte, l’impresa di Pontrandolfo è davvero estrema. La partenza è fissata per il 16 febbraio, direzione Canada, per poi raggiungere il punto di partenza a piedi: Cape Discovery. Da lì sono circa 850 i chilometri in linea d’aria da percorrere sulla banchisa, che possono aumentare notevolmente. Il tutto in condizioni proibitive, con un manto ghiacciato fatto di blocchi irregolari, un vento fortissimo e una temperatura che arriva a -50°. E anche di notte, dentro la tenda dove Pontandolfo mangia e dorme, “la temperatura è più mite, e arriva a -41°”.

Il problema principale riguarda i trasporti, visto che i vettori che si occupano di questi viaggi hanno date e orari serrati, e per questo Pontrandolfo avrà solo 46 giorni per arrivare a destinazione. In media per una spedizione di questo tipo ce ne vogliono 60, e l’esploratore pordenonese sa già quanto sarà difficile raggiungere la meta, e sa anche che se dovesse farcela, otterrebbe un risultato senza precedenti. Nello stesso periodo di Pontrandolfo, ci saranno sei spedizioni internazionali nell’Artico, con l’obiettivo di raggiungere il Polo, ma aiutate dai rifornimenti aerei. La sfida dell’esploratore italiano con “colleghi” stranieri sarà quindi in tempo reale. E non è mancata una stoccata alle istituzioni, che avrebbero fatto mancare un appoggio economico all’atleta. “Di questi tempi – ha sottolineato Pontrandolfo – è difficile fare uno sport come il mio. Ci vorrebbe più attenzione per queste pratiche, diffondendo i valori che hanno sempre portato i pionieri. Insomma, l’Italia dovrebbe potrebbe prendere come esempio chi fa sacrficio”. In effetti, di questi tempi, ce ne sarebbe bisogno.

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