Scendere in campo? I giovani italiani più che start-up tecnologiche e Silicon Valley sembrano sognare il lavoro dei loro nonni. I dati sull’agricoltura infatti parlano chiaro. Secondo i dati rilasciati da Coldiretti qualche giorno fa, ben il 23% dei giovani che si iscrivono alle superiori sogna un futuro legato alla terra: nell’anno scolastico 2013/2014 infatti 60mila studenti su un totale di 262 mila hanno scelto un indirizzo legato all’agricoltura, all’enogastronomia e all’ospitalità alberghiera.

Una “rondine che non fa primavera”? Mica tanto, perché anche se si guarda al livello di studi successivo, quello dell’università, le percentuali salgono ancora: dal 2008 a oggi, il numero degli studenti che si immatricolano a corsi di agraria è salito del 45%.
Siamo di fronte a un vero e proprio cambiamento generazionale? Secondo il sondaggio Coldiretti/Ixe, il 54% dei giovani preferisce la vecchia agricoltura rispetto a lavori magari più “cool” e moderni ma più stressanti e meno sicuri; per dire, il 54 per cento dei giovani oggi preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (21%) o fare l’impiegato in banca (13%). Mentre un italiano su due è consapevole che cuoco e agricoltore siano le professioni con la maggiore possibilità di lavoro mentre solo l’11% per cento ritiene che l’operaio possa avere sbocchi occupazionali.

Una consapevolezza che è confermata dai dati: nel primo trimestre 2013 il pil del settore agricolo italiano ha registrato una crescita dello 0,1%. Non una cifra emozionante, certo, eppure è l’unico settore ad avere il segno “più” davanti, contro un pil italiano sempre molto lontano dalla parità. Anche il dato occupazionale è poi in positivo, con un aumento degli occupati complessivi nell’agricoltura dello 0,7%.

Di fronte a questo trend inaspettato, privati, associazioni e istituzioni si organizzano: nascono realtà giovani che coniugano l’amore per la campagna con una visione di business innovativa, cercando di eliminare i problemi strutturali di un mercato che spesso strozza i piccoli produttori, come Jenuino, agristartup toscana che tenta di accorciare la filiera tra produttore e consumatore ridando potere di acquisto alle aziende agricole. In Toscana del resto il boom dei giovani startupper agricoli è particolarmente evidente, con l’8,5% di imprese gestite da under 40. Qui, Coldiretti si è inventata la figura dei “tutor”, 20 imprenditori agricoli giovani pronti ad affiancare come consulenti gratuiti i loro aspiranti colleghi. 

Nel Lazio, invece, è la politica che si muove: è stata appena annunciata un’iniziativa dal sapore antico: la Regione ha destinato 320 ettari tra la provincia di Roma e quella di Viterbo a imprese agricole giovani, che potranno prendere in affitto i campi per 15 anni a tariffe agevolate, con i primi tre anni gratis. Il bando, che prevede anche fondi agevolati per i giovani che vogliono aprire la loro agristartup, si chiama “Terre ai giovani“, ma ricorda l’antico slogan “terra ai contadini” della vecchia riforma agraria del dopoguerra.

Insomma, nell’Italia di oggi che tenta di reagire alla crisi, pare proprio che una delle poche ricette praticabili sia quella di tornare alle eccellenze del passato (ma con strumenti nuovi).

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