Sono 179 i voti che, sulla carta, potrebbero essere attribuiti al governo Renzi al Senato, il ramo del Parlamento dove la maggioranza uscita dal voto del 2013 non può contare sull’ampio margine di cui gode invece alla Camera. Si tratta della vecchia maggioranza che ha sostenuto fino ad ora l’esecutivo Letta, compresi i senatori a vita. Il segretario del Pd, quando avrà l’incarico di formare il nuovo governo, non potrà certo largheggiare con questi numeri, anche se dovrebbero essere ben superiori a quelli della fiducia risicata che, per esempio, ottenne al Senato Romano Prodi il 19 maggio 2006. Solo 165.

Quella di Renzi sarà comunque una maggioranza molto lontana da quella che, grazie alle larghe intese, ottenne Mario Monti il 17 novembre 2011. Al Senato si contarono per lui 281 voti favorevoli, 25 contrari e nessun astenuto. Il margine del nuovo governo potrebbe tuttavia allargarsi di un’altra decina di voti, uscendo dalla fascia rossa che ha caratterizzato molti altri esecutivi del recente passato. Voti che il segretario Pd potrebbe trovare tra qualche dissidente dentro il M5s e dentro Sel. E che potrebbero dargli un sostegno che va da un minimo di 7 (4 di Sel e 3 del M5s) a un massimo di 11 voti (7 di Sel e 4 M5s), facendo così salire il pallottoliere a favore di Renzi di una forbice che andrebbe tra quota 186 e 190.

Si tratta di calcoli ancora teorici ma ai quali potrebbero aggiungersi anche voti a sorpresa dalla Lega Nord. Renzi sembra infatti poter contare anche su inaspettato assist degli alleati storici di Forza Italia. “Se sarà Renzi il prossimo premier incaricato gli diamo un minimo di credito e vediamo cosa vuol fare”, dice Matteo Salvini anche se resta da vedere come reagirà se dovesse esserci effettivamente una, contestuale, apertura del governo verso Sel.

In ogni caso, e prendendo le debite misure, sarebbero altri 15 voti potenzialmente favorevoli al sindaco di Firenze. Restando invece alla base dei partiti che dovrebbero sostenere l’esecutivo, la conta mette insieme 107 senatori del Pd (sarebbero 108 ma Pietro Grasso non vota), 31 di Ncd, 7 di Scelta civica e 12 popolari di ‘Per l’Italia’. Poi sarebbero con Renzi 10 senatori delle Autonomie, 4 ex M5S ora passati al Misto (Anitori, Mastrangeli, Gambaro e De Pin), 3 senatori di Gal (Scavone, Compagnone, l’ex leghista Davico). In tutto 174 ai quali si dovrebbero aggiungere 5 senatori a vita: Mario Monti, Renzo Piano, Elena Cattaneo, Carlo Rubbia e Carlo Azeglio Ciampi (totale 179).

Poi ci sono i dissidenti. Quelli ‘storici’ del M5s, circa una decina, non dovrebbero far parte tutti del conteggio: deplorano Renzi e il suo programma di riforme, in primis quella elettorale. Tra loro ci potrebbe però essere un piccolo gruppo, circa 3 o 4 senatori, ormai insofferente per il modo che viene chiesto agli eletti del Movimento di stare in Parlamento. E se davvero il nuovo esecutivo dovesse durare fino al 2018 questa potrebbe essere l’occasione per loro per chiudere con il Movimento. Infine c’è il sommovimento dentro Sel. Si parla di un minimo di 4 e fino a 7 senatori che spingono per il sostegno a un esecutivo guidato dal segretario Pd. Insomma, nell’ipotesi minima che ci fossero 3 dei Cinque Stelle e 4 di Sel la maggioranza salirebbe a quota 186. Nella forbice più ampia, invece, arriverebbe a 190.

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