Torna in scena, l’ex governatore del Molise Michele Iorio. Dopo quasi un anno di assenza, per una condanna a un anno e sei mesi per abuso di ufficio, la Cassazione riporta in consiglio regionale il principale esponente del centrodestra molisano, colui che ha dominato incontrastato la scena politica locale per dodici anni. Tutto per prescrizione avvenuta. I tempi lunghi della giustizia non consentono di arrivare ad un verdetto definitivo nel merito. La suprema Corte si è pronunciata in tarda serata sul caso Bain&Co. accogliendo la tesi del difensore dell’ex governatore, l’avvocato Arturo Messere, dichiarando prescritti i reati contestati.

La condanna a un anno e sei mesi per abuso d’ufficio è stata annullata senza rinvio. Per effetto di questa decisione Iorio potrà quindi tornare a sedere in consiglio regionale (era sospeso in applicazione della Legge Severino dopo la condanna in Appello). “La Cassazione – commenta l’avvocato di Iorio – ha smentito la teoria enunciata dalla Corte d’Appello di Campobasso secondo la quale il reato contestato si sarebbe concretizzato non quando le due delibere per affidare le consulenze alla Bain&Co furono varate dalla giunta, ma quando, tempo dopo, la Regione pagò la società per il lavoro svolto”. L’accusa durante l’udienza di oggi aveva invece chiesto l’ annullamento “per prescrizione di parte dei fatti contestati”, quelli fino all’agosto del 2005, e il rigetto invece per il resto con rinvio ad un’altra corte d’Appello per la rideterminazione della pena.

Iorio avrebbe favorito – secondo le ricostruzioni degli inquirenti – forte del suo ruolo istituzionale, la multinazionale presso la quale lavorava il figlio Davide. Alla società erano state affidate infatti, nel 2003 e nel 2004, consulenze per la realizzazione dell’autostrada Termoli-San Vittore e sulla riorganizzazione del sistema sanitario regionale. La vicenda giudiziaria ruotava proprio attorno alle due delibere della giunta, proposte all’esecutivo direttamente dal presidente, che affidavano gli incarichi alla società. Al processo d’Appello, lo scorso 18 aprile, la difesa dell’ex presidente aveva insistito per l’assoluzione, mentre il procuratore Antonio La Rana al termine della sua requisitoria aveva chiesto la riduzione della condanna ad un anno perché a suo giudizio il reato sarebbe stato prescritto per la prima delibera (varata nel 2003 e pagata alla Bain nel 2004) mentre sarebbe rimasto in piedi per la seconda (varata nel 2004 e pagata nel 2006). Entrambe le richieste però non erano state accolte dai giudici che avevano confermato la sentenza di primo grado. Poi l’epilogo con l’annullamento della sentenza.

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