Nei giorni scorsi l’Europa lo aveva annunciato: “Il sì della Svizzera al referendum, che pone limiti all’immigrazione, potrebbe avere ripercussioni”. Un annuncio che si è avverato. “Alla luce della nuova situazione che si è venuta a creare” l‘Unione europea valuta di interrompere il negoziato con la Svizzera sull’elettricità. Il portavoce dell’esecutivo europeo Pia Ahrenkilde fa sapere che il voto sul referendum sulla libera di circolazione di domenica scorsa è “una potenziale violazione” degli accordi. “E’ impossibile accettare la divisione tra la libera circolazione delle persone e quella dei capitali”. E’ duro il monito del Consiglio Ue rivolto dalla presidenza greca, sottolineando che adesso “si aspetta che la Svizzera onori i suoi obblighi internazionali” con l’Ue.

Si complica, quindi, l’iter per la firma dell’accordo istituzionale per l’adattamento dell’aquis svizzero a quello Ue (l’insieme dei diritti, degli obblighi giuridici e degli obiettivi politici che accomunano e vincolano gli stati membri dell’Unione europea). ”Non parte sotto buoni auspici”, commenta la portavoce del presidente della Commissione Ue. Anche nel resto d’Europa, il referendum voluto dal partito elvetico di ultradestra Udc, suscita scetticismo. “Il risultato del voto solleva notevoli problemi” secondo la Germania. “Il governo tedesco rispetta l’esito del referendum – ha detto oggi il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert – ma dal nostro punto di vista solleva problemi notevoli”. Interviene sul voto anche il portavoce del primo ministro britannico David Cameron, secondo cui l’esito del referendum riflette “la crescente preoccupazione” rispetto alla libera circolazione in Europa. 

C’è invece chi guarda con favore l’esito di domenica 9 febbraio. Il leader della formazione di estrema destra, Partito della Libertà austriaco, Heinz Christian Strache, è convinto che il risultato in Austria sarebbe “simile” a quello che si è registrato in Svizzera. “Lo scopo – ha continuato – è evitare una immigrazione di massa dei cittadini extraeuropei”. Chiedendo all’Ue di non sanzionare la Svizzera, Strache ha sostenuto che per i paesi europei sarebbe importante poter contare su dei “periodi di transazione”, perché solo gli Stati “sanno se hanno capacità di accogliere immigrati nel mercato di lavoro oppure no”.

Sulla stella line anche il Partito del Progresso, una delle due formazioni che compongono il governo di destra della Norvegia, ha chiesto ufficialmente la tenuta di un referendum analogo alla consultazione che in Svizzera ha visto prevalere i favorevoli ad una restrizione dei flussi. Il portavoce per l’immigrazione della formazione populista guidata da Siv Jensen, Mazyar Keshvari, ha rivelato al giornale Vg di essere favorevole ad una consultazione in stile elvetico anche se, ha precisato, “il partito non ha ancora una posizione precisa sulle quote….ciò di cui sono sicuro però – ha aggiunto – è che una buona metà dei norvegesi è certamente favorevole ad una restrizione dei flussi migratori”.

Subito dopo il risultato della consultazione di domenica 9 febbraio, anche dall’Italia sono arrivati dalla Lega Nord inviti a seguire l’esempio della Confederazione elvetica. Il segretario federale Matteo Salvini ha dichiarato a caldo: “Gli svizzeri difendono gli interessi svizzeri e fanno bene – ha aggiunto – come la Francia espelle i rom, gli inglesi fanno pagare la sanità agli stranieri e l’Australia allontana i barboni”. Dunque, “viva il referendum democratico della Svizzera, lo proporremo anche noi in Italia”.

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