La “Corsa rosa” è per tradizione il Giro d’Italia, ma da quest’anno lo sarà un po’ anche il Tour de France. La Grande Boucle apre infatti al ciclismo femminile: nel 2014 ci sarà anche un Tour riservato alle donne, dopo anni in cui è esistita solo l’edizione maschile.

L'inglese Chrissie Wellington

Merito delle atlete che si sono battute per avere un riconoscimento importante per tutto il movimento: in estate Kathryn Bertine, Emma Pooley, Marianne Vos e Chrissie Wellington avevano dato vita ad una campagna mondiale (denominata “Le Tour entier”, Lte) per chiedere l’organizzazione di una gara femminile. La loro petizione online aveva sfiorato le 100mila firme. E ha raggiunto il traguardo sperato.

Negli scorsi giorni l’Aso (l’Amaury sport organisation, la società che cura il Tour de France) ha ufficializzato che “La course” femminile del Tour avrà luogo il prossimo 27 luglio a Parigi, sugli Champs-Elysées. “Un evento – scrivono gli organizzatori – destinato a diventare una gara iconica nel calendario internazionale”. “È tutto quello che volevamo”, afferma soddisfatta Emma Pooley, medaglia d’argento a cronometro ai Giochi di Pechino 2008. “Per qualsiasi ciclista il Tour de France è il top. Adesso finalmente anche a noi verrà data l’occasione di disputarlo”. “Questa notizia rappresenta l’inizio di una nuova era per il ciclismo femminile”, aggiunge Marianne Vos, campionessa olimpica di Londra 2012.

Ed in effetti l’annuncio dell’Aso viene a colmare un buco importante nel panorama del ciclismo femminile. Da cui la Grande Boucle è stata quasi sempre assente. Dopo un tentativo isolato nel 1955, un Tour de France femminile vero e proprio è esistito solo negli anni ’80, organizzato dalla Société du Tour (allora responsabile dell’edizione maschile). Già ridotta di durata nell’89, la corsa ha però chiuso i battenti nel 1993. Al suo posto, sotto un’altra direzione, è nata la Grande Boucle féminin, che però è stata costretta a rinunciare alla denominazione di “Tour” per una contesa con gli organizzatori ufficiali (e insieme al titolo al suo simbolo più prestigioso: la maglia gialla). Poi anche questa competizione ha subito un forte declino nel 2000, fino a scomparire definitivamente nel 2010.

La ciclista inglese Emma Pooley

Da allora più nulla. Solo il paradosso di uno sport, il ciclismo femminile, orfano della sua competizione più importante. Come il calcio senza Mondiali, o il tennis senza Wimbledon. Fino alla svolta recente, con la campagna Lte e l’apertura decisiva dell’Aso.

La corsa del 2014 sarà un esperimento, un progetto-pilota: dettagli e modalità di svolgimento verranno resi noti in primavera, ma di sicuro non avrà la canonica durata delle tre settimane dei Grandi Giri. “È comunque un grande passo avanti”, affermano le promotrici della campagna. Il loro obiettivo, nei prossimi anni, è arrivare ad avere un Tour femminile pari a quello maschile: con uguale durata, percorso e premi simili; e magari da disputare in parallelo, negli stessi giorni, per arricchire l’offerta dello spettatore e garantire più visibilità alle atlete.

Qualcosa, comunque, si muove. Lo testimonia la scelta dell’Aso. E anche la svolta ai piani alti dell’Uci (Unyon cycliste internationale), dove con l’elezione del nuovo presidente Brian Cookson (al posto di Pat McQuaid) è stata nominata una commissione per il ciclismo femminile, diretta da Tracey Gaudry, che è anche la prima vicepresidente donna della storia della massima associazione internazionale. Il ciclismo pedala verso la parità di genere. E il sogno di un “Tour entier” (“intero”, e non solo a metà, quella maschile) non è più un’utopia.

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