“Abbiamo deciso che dedicheremo tutte le ricreazioni a fare le prove del ballo”. E’ una giovanissima a parlare, studentessa del liceo Alighieri di Ravenna: nel video ci sono anche alcuni compagni di scuola che si uniscono alle ragazze, una cosa così davvero non si è mai vista, in un liceo italiano.

Ogni giorno, attraverso il sito italiano di One Billion Rising e la sua pagina Facebook, sono centinaia le segnalazioni da ogni città, piccola e grande, di iniziative in preparazione della seconda ondata di balli per il 14 febbraio.

Per non dire, poi, del sito internazionale del movimento creato da Eve Ensler: ci vuole una connessione potente e un computer altrettanto attrezzato per riuscire a vedere l’immensa mole di materiale video, audio e di immagini della scorsa edizione. Donne, uomini, bambini, bambine, persone disabili lo scorso anno hanno reagito con entusiasmo e generosità al primo evento globale nonviolento femminista: in contemporanea, tra pochi giorni, riaccadrà.

Rispetto allo scorso anno la campagna lancia, per il 2014, una parola chiave sulla quale riflettere: giustizia.

A chi, talune tra le donne e soprattutto molti uomini, pensano che sia stupido, inefficace, inutile partecipare il 14 febbraio al ballo vorrei rispondere con le parole della stessa Eve Ensler, racchiuse in una lettera mandata a tutti i gruppi di coordinamento nel mondo: “Ogni evento fa parte di una decisione collettiva, carica di energia, per porre fine alla violenza su questo pianeta, che ha traumatizzato i corpi delle donne e delle bambine e ci ha impedito di utilizzare in pieno la nostra forza vitale e di poter assaporare il vero valore della vita. Ogni evento è una danza di unione per porre fine alle ingiustizie razziali, ambientali, economiche e di genere. Non è possibile fallire.
Ciò che importa è che manifestiamo, che diamo un nome all’ingiustizia, che ci impegniamo ad affermare con i nostri corpi e con le nostre comunità che questo evento del 14, come tutti i giorni che lo precedono e tutti i giorni che lo seguiranno, è la nostra vita. Ogni evento per la giustizia fa parte del fiume di giustizia, la corrente di un nuovo paradigma, un’onda irrefrenabile che ci unisce attraverso la forza e l’ incoraggiamento della nostra solidarietà globale”.

Ecco: un movimento politico globale che offre un’occasione così gioiosa, inclusiva, vitale per manifestare la forza della bellezza contro la violenza che ancora grava sulla metà del mondo e lo fa senza urlare, senza insultare, senza usare parole e pratiche di sopraffazione. Un movimento che mette al centro la giustizia senza inneggiare alla pena di morte, ma provando a rendere chiaro che, sopra ogni altra importante declinazione, l’ingiustizia provoca dolore, e del dolore le donne sono esperte, e vogliono per questo fermarlo e chiamare altre donne e anche gli uomini nel percorso. Non c’è solo la violenza agìta a creare scompenso, dolore e quindi ulteriore violenza: ogni volta che si sottraggono risorse, valore e attenzione alle pratiche e ai progetti inclusivi per il miglioramento delle relazioni tra i generi si crea una situazione di ingiustizia.

Ed è per questo che proprio il giorno dopo l’evento globale OBR ci sarà, in Calabria, il 15 febbraio, la prima manifestazione regionale per difendere il Progetto donna cancellato dopo il mancato rifinanziamento della legge regionale che dava fondi e prospettive all’importante strumento a disposizione delle donne calabresi per iniziative, telefoni rosa, biblioteche, centri d’informazione e percorsi formativi d’eccellenza. Speriamo che la mobilitazione faccia tornare le istituzioni sui loro passi: questo sarebbe un segno concreto di giustizia.

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