Fino a pochi mesi fa era una nazione candidata ad entrare in Unione Europea. Seguendo l’Ucraina solo dal punto di vista dell’importanza sulla rotta delle materie prime (in particolare i gasdotti) ho pensato di dialogare con un amico analista ed esperto del tema per dare una visione più chiara del fenomeno. Eliseo Bertolasi è analista geopolitico, russista, e dottorando di ricerca in Antropologia sulla questione del nazionalismo ucraino. Negli ultimi anni ha effettuato numerosi viaggi e soggiorni sul territorio dell’Ucraina. Da poco è rientrato da Kiev e il suo punto di vista è decisamente “sul pezzo”.

“Negli ultimi giorni la situazione in Ucraina sta peggiorando a vista d’occhio” mi spiega Eliseo “i disordini nati dalla sospensione da parte del governo ucraino della stesura dell’accordo di associazione UE-Ucraina che inizialmente, dalla fine di novembre dell’anno scorso, erano circoscritti alla piazza Maidan, il cuore di Kiev, già soprannominata Euromaidan, hanno ormai travalicato la piazza e la capitale. Negli ultimi giorni, le azioni e i blitz dei manifestanti vanno diffondendosi a macchia d’olio in molte città delle regioni centro-occidentali dell’Ucraina: basta un rapido sguardo sulle novosti (notizie) delle varie agenzie  per rendersi conto del dilagare degli attacchi”.

Si nota con insistente frequenza la citazione, da parte dei media occidentali, ad una potenziale guerra civile. Un evento del genere nel cuore dell’Europa sarebbe un evento di grave crisi, in tal senso “Nell’Ucraina centrale, nella città di Poltava, gli attivisti, circa un migliaio, hanno occupato una sessione delle sale del Consiglio regionale, chiedendone le dimissioni del governatore”, continua Eliseo “i manifestanti hanno anche occupato lo stesso organo amministrativo nella città di Vinnitsa, di Rivne e di Chernigov.

Nella città di Cherkassy le forze dell’ordine hanno respinto l’assalto dei manifestanti pro Euromaidan dal palazzo dell’Amministrazione statale della Regione.
Azioni simili si sono svolte anche in molte aree della parte occidentale dell’Ucraina. A Leopoli, epicentro del nazionalismo ucraino, circa duemila persone hanno chiesto e ottenuto le dimissioni del governatore della Regione. Nonostante non sia previsto dalla normativa vigente il neo consiglio regionale di Leopoli, ha istituito un comitato esecutivo, che assumerà le funzioni di amministrazione regionale. Il nuovo comitato ha vietato nella regione di Leopoli ogni intervento della polizia o dell’esercito, oltre a limitazioni al diritto dei cittadini di riunirsi pacificamente.
I nuovi consiglieri hanno anche raccomandato alla municipalità e ai consigli comunali di creare milizie per la tutela dell’ordine pubblico.

Anche nella città di Ternopol’ il consiglio regionale considerando screditato l’attuale potere ha riconosciuto un nuovo consiglio popolare.

Nella città di Uzhgorod circa un migliaio di attivisti stanno picchettando il Palazzo dell’Amministrazione regionale della Trancarpazia. Nella città di Ivano-Frankivsk i manifestanti hanno attaccato e occupato il Palazzo dell’Amministrazione regionale. Lo stesso copione anche nella città di Cernovzy e di Khmelnytsky. Da una notizia delle ultime ore anche nelle grandi città industriali di Dnepropetrovsk e Zaporozhie, nell’Ucraina centrale, i manifestanti hanno cercato di assaltare i palazzi del governo”.

In una nazione centro europea considerata da molti stabile e interessante per gli investimenti sembra difficile credere che covassero tensioni così radicate e pronte a scatenarsi alla prima scintilla.

“Tuttavia” aggiunge Eliseo “che il paese da tempo, per tutta una serie di ragioni storiche e identitarie, sia diviso tra una parte centro-occidentale e una parte sud-orientale è ormai risaputo. Ora però, nel momento in cui in queste città non viene riconosciuta l’autorità del governo centrale; queste azioni stanno determinano una divisione non solo “percepita” ma anche “reale” all’interno del Paese.

Sembrerebbe si stia assistendo a un reale tentativo di “spaccare” il Paese. Ora però, per l’attuale governo centrale, sarà più arduo“riconquistare” l’autorità in queste città. E se solo i manifestanti arrivassero a dotarsi di armi, la situazione potrebbe facilmente deflagrare in un’autentica guerra civile e far scivolare il Paese in un sanguinoso scenario di tipo transinistriano. In questo caso, però, incredibilmente amplificato visto che parliamo di un Paese di 50 milioni di abitanti nel ventre dell’Europa orientale confinante con la Russia.

Cosa farà l’esercito? Per il momento sembra stia ancora al di fuori della contesa”. In tal senso osservare le scelte in materia di comunicazione mediatica da parte dell’Unione Europea ci offre una chiave di lettura significativa. “L’Unione Europea, nei suoi comunicati” spiega Eliseo “continua a sostenere i manifestanti, raccomandando al governo ucraino di non usare la forza per sedare la protesta (barricate, assalti con le molotov alle forze dell’ordine e ai centri di potere… ), difficile capire che cosa in realtà stia raccomandando se non auspicare la capitolazione del governo stesso (immaginiamo un Paese, nella democratica Europa, dove l’opposizione politica arrivi agli eccessi che stiamo vedendo in Ucraina senza un massiccio e risolutivo intervento delle forze dell’ordine. Impensabile!).  

Il presidente Yanukovich, al fine di trovare una soluzione di compromesso con l’opposizione ha compiuto una mossa inaspettata: cercando di cooptare nella squadra di governo 2 capi dell’opposizione ha offerto l’incarico di primo ministro a Arsenij Yazeniuk, leader del gruppo parlamentare del partito “Batkivscina” (Patria), e l’incarico di vice-premier con delega per le questioni umanitarie a Vitaly Klichko, leader del partito “Udar” (Colpo).”

Come era prevedibile un conto è gridare contro il palazzo un’altra è prendere il potere e governare un paese devastato dal punto di vista socio economico. Appare logica la scelta delle ultime ore dei due leader dell’opposizione di declinare l’invito a entrare a far parte della squadra di governo, in quanto impossibilitati a portare quel cambiamento auspicato dalla folla.

In ultima analisi le dimissioni del premier Azarov confermano l’evoluzione dello scenario sopra descritto di un paese allo sbando.

@EnricoVerga

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