the_RivatiÈ sempre stato forte il legame tra la musica napoletana e quella #Black a partire dalla fine degli anni ’60, quando artisti come James Senese, Mario Musella e Pino Daniele fusero la tradizione napoletana con il sound anglo-americano dando origine a quel movimento musicale denominato “Neapolitan Power”. Sulla scia di quelle note i The Rivati rinnovano quel legame mescolando James Brown ed Enzo Avitabile in un disco che unisce blues, soul, funk e hip-hop. “Stavamo pensando – spiega la voce Paolo Maccaro – ad un nome che si riferisse al genere che facciamo: il blues e i suoi derivati. Abbiamo tolto la parola blues ed è rimasto derivati, così l’abbiamo americanizzato per darci un tono ed è nato il nome: The Rivati“.

L’album #Black è una dichiarazione d’amore nei confronti del Funk, e cioè di quel suono che negli anni ’50 ha rivoluzionato la musica con riff ripetitivi e ritmi incalzanti nel jazz, così come nel blues per poi arrivare al soul e all’R&B. I The Rivati sono crudi ed essenziali come nella migliore tradizione Blues. Con la ruvida ed originale voce di Paolo Maccaro – fratello del famoso rapper Clementino – i The Rivati cantano le periferie dell’anima dove il sesso e la vita diventano un’ossessione proprio come i riff nervosi del blues, perché come cantano nella bella ed intima, Ma che ‘mporta ‘e te, se nasce il fuoco tu non lo puoi spegnere.

L’ultimo singolo è la traccia che apre il disco, Peccerè,  un vero e proprio funky sexy da cui è tratto un bellissimo video hot realizzato con la tecnica d’animazione in claymation dalla Sfiamma Production. Non a caso funky nello slang degli afroamericani indica il cattivo odore sprigionato dal corpo quando fa sesso, infatti il termine significa sexy, sporco, ma anche autentico, come il disco di questi neri napoletani: (Paolo Maccaro: voce / Marco Cassese: chitarre / Olimpio Riccardi: sax tenore / Stefano Conigliaro: batteria / Dario Rotolo: basso / Alessandro Turetta: percussioni).

Come nasce l’amore per il funk e il blues?

Ci siamo avvicinati alla “black music” da subito. Già alle scuole superiori facevamo a gara tra noi due a chi scoprisse più artisti blues, funk, jazz, soul e R&B. Questo è un genere musicale ambivalente perché riesce sia a toccarti nel punto più profondo della tua anima sia semplicemente a farti “muovere il culo”. E questo ci piace molto.

Chi sono i vostri riferimenti musicali?

Ben Harper è uno degli artisti a che ci ha ispirato e ci ispira di più, ed è grazie a lui e al suo disco, Diamonds on the inside (2003), che ci siamo appassionati e affrontiamo questo genere in modo eclettico, saltando dal blues allo swing al funk alla bossa. Però ci sentiamo di citare anche artisti come Curtis Mayfield, Marvin Gaye, Stevie Wonder, Bill Withers, Sly & the Family Stone, James Brown, Maceo Parker, B.B. King, Otis Rush, Howlin Wolf, John Coltrane, tutta la scuola della Neapolitan Power della Napoli anni ’70, ’80 (Pino Daniele, Napoli Centrale, Enzo Avitabile ecc..) e tanti altri. La lista è molto lunga…

Canti anche con tuo fratello Clementino in uno dei sui brani più fortunati, La mia musica. Una famiglia di artisti accomunati dall’amore per la Black Music.

Sì, La mia musica è un pezzo a cui tango molto, perché è stata la prima collaborazione con Clemente ed è un pezzo a mio avviso geniale che parla della storia del rap. Quando Clemente mi inviò il testo per farmi scrivere il ritornello notai subito (per deformazione professionale) che tra i vari artisti non aveva mai nominato James Brown. Lo feci io!

Perché avete come logo l’immagine di San Gennaro?

È stato l’unico che ci ha voluto sponsorizzare. Grazie, san Genna’!

Nel disco citate Martin Luter King. Qual è il vostro sogno?

Il ritorno della Neapolitan Power ai vertici delle classifiche italiane.

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