La sinistra Pd chiama Matteo Renzi: visto che ha convinto Silvio Berlusconi a modificare l’Italicum introducendo il doppio turno di ballottaggio, perché non prova anche sulle liste bloccate? I cosiddetti “cuperliani” hanno preparato un pacchetto di modifiche da far diventare emendamenti unitari – o almeno così assicurano. Un pressing che non è solo democratico. Perché tra quanto proposto da Alfredo D’Attorre, portabandiera della resistenza al progetto renziano, ci sono anche elementi che piacciono (parecchio) sia al Nuovo Centrodestra sia a Scelta Civica. Ai primi piace il no alle liste bloccate. Ai montiani piace la richiesta di alzare la soglia per ottenere il premio di maggioranza: dal 35% al 40 o almeno al 38. Oltre a questo i democratici vogliono anche abbassare la soglia di sbarramento per i partiti non coalizzati (attualmente è all’8%) e un impegno sull’alternanza uomo-donna nelle liste (sulle quote rosa c’è già l’assalto al testo base depositato in commissione Affari Costituzionali). Nel fronte critico della nuova riforma ci sono l’ex presidente del Pd Gianni Cuperlo (che aveva sollevato dubbi sulla costituzionalità del premio), i deputati Rosy Bindi, Pier Luigi Bersani, Giuseppe Lauricella, Enzo Lattuca, Maria Gullo, Andrea Giorgis, Barbara Pollastrini e Alfredo D’Attorre. “Noi portiamo queste proposte a Renzi – spiega Alfredo D’Attorre – e gli chiediamo di assumersi l’impegno a superare i punti critici che contiene il testo di riforma elettorale”.

In particolare le alternative alle liste bloccate sono più di una, secondo D’Attorre: “Le soluzioni sono diverse: proporzionali, collegi uninominali o primarie obbligatorie per tutti”. Il messaggio dunque è al segretario del Pd: “Come Renzi ha convinto Berlusconi sul doppio turno, siamo convinti che riuscirà a farlo anche sulle liste bloccate”. E se non andrà così, presenterete lo stesso gli emendamenti anche se non fossero di tutto il Pd? “Non siate pessimisti – dice D’Attorre – vedrete che Renzi si convincerà…”. I deputati vicini a Renzi, tuttavia, rallentano. All’agenzia politica Public Policy Yoram Gutgeld dice: “Le modifiche si fanno in accordo con chi ha sottoscritto la proposta: Fi, Ncd e anche Scelta civica, che per il momento non ha firmato la bozza di riforma elettorale”. Il voto della commissione sul testo base è nel frattempo slittato a domani (23 gennaio), mentre il voto in Aula potrebbe arrivare già il 30.  

Ma non solo soglie e liste bloccate fanno litigare la maggioranza e berlusconiani sulla legge elettorale: un ulteriore scoglio potrebbe arrivare dalla definizione dei collegi plurinominali, o meglio dal soggetto che sarà chiamato a disegnarne i confini. Uno scontro che vede contrapposti Forza Italia e Ncd, ma con un dibattito interno anche nel Pd. E con il risvolto di un giallo in Commissione Affari costituzionali. Mercoledì sera, il testo depositato dal relatore Francesco Paolo Sisto (Forza Italia), faceva riferimento per le circoscrizioni e i collegi a due tabelle, la A e la B, che dovevano essere contenute in allegato. Ma di esse non c’è nessuna traccia ufficiale. In mattinata però, nelle bozze circolate, i due allegati c’erano. In giornata del caso se ne è occupato il ministro dei Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini che ha visto gli esponenti del Pd e alcuni esponenti della commissione Affari Costituzionali.

In effetti già prima di Natale il ministero dell’Interno, come pure aveva detto il sottosegretario Giampiero Bocci in una audizione al Senato, aveva definito i collegi in vista della riforma. Ma i confini non sono un fatto neutro come spiega Gianclaudio Bressa (Pd) con un esempio: “La provincia di Belluno ha 210.000 abitanti e non raggiunge quindi i 500.000 richiesti per formare un collegio; un conto è che sia unita a Vicenza, che ha più elettori di sinistra, ed un conto a Treviso, dove è più forte il Carroccio”.

Lo scontro ora si è spostato su chi dovrà definire i collegi. Il compito era stato affidato dal Mattarellum al Ministero dell’Interno. Forza Italia ha proposto, anche con Sisto, che il compito spetti a una Commissione parlamentare, anche perché al Viminale siede Angelino Alfano, di cui Fi non si fida. La discussione ha riguardato anche parlamentari del Pd, perché anche le future primarie per essere inseriti nei listini bloccati, si terranno sulla base dei collegi. L’idea della commissione parlamentare però, ha tuonato Beppe Fioroni, metterebbe deputati e senatori in una situazione di “conflitto d’interessi”, per evitare il quale serve una autorità “terza” come il ministero dell’Interno.

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