Fumi sospetti, puzze nauseabonde, area irrespirabile, tosse. Sono i sintomi denunciati dalla popolazione che vive accanto al termovalorizzatore del Gerbido di Torino. L’impianto, finanziato dalle banche con mezzo miliardo di euro e venduto dalla città a Trm (Trattamento rifiuti metropolitani) per poco più di cento milioni di euro, da quando ha acceso i suoi motori continua a lavorare a singhiozzo. Dieci stop in pochi mesi, con relative emissioni nocive oltre i valori di soglia. Normale routine dei collaudi, dice la società Trm, che gestisce l’impianto. Ma intanto la popolazione vive con lo spettro dei tumori, e la magistratura indaga per alcune segnalazioni dell’Arpa. 

“In pochi mesi si sono registrati dieci guasti, con emissioni totalmente fuori norma” denuncia Piero Cavallari, del coordinamento RifiutiZero “e questa situazione esaspera gli animi”. L’ultimo fermo dell’impianto, il decimo dall’inizio delle sue attività, risale a domenica 12 gennaio, quando, come ha fatto sapere Trm  “si sono verificate alcune anomalie alle Linee 2 e 3, che hanno determinato il superamento di alcuni limiti emissivi”. In parole più semplici, le emissioni di monossido di carbonio e ammoniaca hanno superato la soglia massima imposta dalla legge. Dopo l’ennesimo blocco, il Coordinamento RifiutiZero, che guida la protesta contro il termovalorizzatore, ha chiesto una convocazione d’urgenza del Comitato Locale di Controllo.  

Le paure dei cittadini sono legittime e sono in capo a ciascuno di noi che viviamo lì” dice al fattoquotidiano.it Erika Faienza, presidente del Comitato e consigliere provinciale del Pd, che spiega “Quando Arpa mi chiama e mi dice che l’impianto è fermo, io mi incazzo tre volte di più del cittadino, come amministratrice e come mamma di una bimba di pochi mesi”. Poi aggiunge: “Se mi chiede se posso dire ai cittadini di stare tranquilli, rispondo che ‘tranquilli’ non è la parola giusta. Mi sento di dire che quello del Gerbido è un impianto controllato. Quando ci sono stati dei problemi Arpa ha segnalato tutto alla Procura, che infatti sta indagando”. Dal canto suo il Comitato ha predisposto, tra le altre attività, uno studio epidemiologico che monitori la situazione sin dalle sue fasi iniziali.  

Ma il coordinamento RifiutiZero non si fida e denuncia il conflitto di interessi che mette insieme chi ha voluto l’impianto e chi adesso lo dovrebbe controllare. Il Comitato locale di controllo annovera infatti solo figure istituzionali: la Provincia e i comuni interessati, quasi tutti a marca Pd. Proprio il partito che ha sostenuto la creazione del termovalorizzatore. La stessa presidente del Comitato, Faienza, è consigliera provinciale per il partito guidado da Renzi (è balzata agli onori delle cronache lo scorso marzo per una condanna in primo grado per la convalida irregolare di alcune firme elettorali), mentre a dirigere l’Arpa di Torino è Antonella Pannocchia, moglie del consigliere regionale Pd Gianni Oliva. “Per noi è indispensabile la partecipazione dei cittadini, dal basso, nel controllo di questo ente”, è la posizione di Cavallari del Comitato RifiutiZero.

Al momento gli abitanti dei comuni interessati non hanno facoltà di parola neppure alle riunioni del Comitato con Trm perché, come spiega lo stesso ufficio stampa della Trm, quelle sono “aperte al pubblico ma il pubblico non può intervenire”. 

Altri punti restano in sospeso. Tra tre mesi, a maggio, termina la fase di collaudo dell’impianto, e il Gerbido dovrà entrare in pieno esercizio. Che cosa succederebbe se il termovalorizzatore continuasse con i fermi e non fosse in grado di ricevere tutti i rifiuti previsti? Il sistema provinciale è in grado di smaltire in discarica solo per un altro anno e mezzo. Poi basta. Su questo Paolo Foietta, dirigente provinciale per l’area territorio e ambiente, si sente di tranquillizzare tutti: “Il Gerbido è uno degli impianti più performati d’Europa. Gli stop dell’impianto sono legati al fatto che abbiamo un sistema di sicurezza sensibilissimo, che spegne l’impianto quando riscontra anomalie”. E aggiunge: “Sono convinto che ad aprile saremo in pieno regime e con i parametri ambientali che sono tra i migliori d’Europa”.

È del dirigente Foietta il calcolo secondo il quale le ultime emissioni anomale del termovalorizzatore coincidono a quelle di circa 50 autovetture. L’impianto, ci ha detto, ad oggi non ha sostanzialmente mutato le condizioni di inquinamento del territorio. Ma stiamo parlando di Torino, che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità è la città più inquinata d’Italia. Giovedì la commissione Ambiente del Comune di Torino sentirà in una audizione Trm e Arpa. Si discuterà del funzionamento dell’impianto, ma ormai una cosa è certa: il termovalorizzatore esiste, deve lavorare per pagare il mutuo delle banche e non resta che monitorarne le attività. “È questa la nostra più grande preoccupazione, oltre quella per la salute” spiega il capogruppo del M5s in Comune, Vittorio Bertola “perché la scelta di fare un inceneritore, con impegno di 20 anni, blocca ogni evoluzione tecnologica nella raccolta dei rifiuti in città. E questo vuol anche dire, dati i costi dell’impianto, anche un inevitabile aumento della tariffa dei rifiuti a carico dei cittadini”.

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