La “tratta delle novizie” condannata da Papa Francesco è un problema più che mai attuale e scottante. Lo dimostra anche l’imbarazzante vicenda della suora salvadoregna di 32 anni che ha partorito a Rieti un bambino. L’ha chiamato Francesco in onore del Pontefice latinoamericano, e ha dichiarato di non sapere di essere incinta.  Quasi due mesi fa, in un lungo colloquio a braccio di tre ore con i 120 superiori generali degli ordini religiosi di tutto il mondo, Bergoglio aveva riportato l’attenzione sulle giovani religiose che provengono, in particolare, da Paesi in via di sviluppo.

Il Papa, infatti, ha ricordato che già nel 1994 nel contesto del Sinodo sulla vita consacrata i vescovi filippini denunciarono questo preoccupante fenomeno, ovvero il massiccio arrivo di congregazioni straniere che aprivano case nell’arcipelago allo scopo di reclutare vocazioni da trapiantare in Europa. “Bisogna – ha affermato Francesco – tenere gli occhi aperti su queste situazioni”. Nella Penisola, e particolarmente al Sud, ci sono numerose congregazioni religiose, sia maschili che femminili, che non hanno vocazioni italiane da oltre venti anni. Molti istituti di suore, per evitare di chiudere, sono andati a fare proselitismo nei Paesi più poveri trapiantando le novizie in Europa per poter rinforzare le congregazioni a rischio estinzione.

In Asia i Paesi più gettonati per la “tratta delle novizie” sono l’India, l’Indonesia e le Filippine, poi ci sono l’America Latina, dove regnano la povertà e le “villas miserias” ben note a Papa Francesco, e l’Africa. Per sfuggire a un destino di povertà e di analfabetismo, diverse ragazze scelgono la “proposta vocazionale”, lasciando le abitazioni di fortuna delle loro città d’origine e i loro familiari per vivere nella ricca Europa il noviziato e poi prendere i voti perpetui. Molto spesso con una preparazione scolastica pari alla quinta elementare e con nozioni dottrinali da catechismo per la prima comunione, suore asiatiche, africane e latinoamericane vengono inserite gradualmente nelle scuole degli istituti religiosi e nelle parrocchie come insegnanti.

Non bisogna però generalizzare. Ci sono anche vocazioni serie che non vanno confuse con chi, invece, sceglie la vita religiosa per assicurarsi un futuro sereno. Ma, come sottolineava il Papa, l’errore più grande degli istituti religiosi europei è oggi quello di trapiantare nel vecchio continente le novizie. Significativa in questo senso è la storia della santa africana Giuseppina Bakhita, di cui è particolarmente devoto il Papa emerito Benedetto XVI che ne parla ampiamente nella sua seconda enciclica, Spe salvi. Nata nel 1869 in Sudan, all’età di nove anni fu rapita da trafficanti di schiavi, picchiata e venduta cinque volte. Come schiava si ritrovò al servizio della madre e della moglie di un generale e lì ogni giorno veniva fustigata a sangue. Le rimasero per tutta la vita 144 cicatrici. Infine, fu comprata da un mercante italiano. Nella Penisola scoprì la vocazione e, a Verona, pronunciò i voti nella Congregazione delle suore canossiane. “Non è difficile – scrive Ratzinger – rendersi conto che l’esperienza della piccola schiava africana Bakhita è stata anche l’esperienza di molte persone picchiate e condannate alla schiavitù nell’epoca del cristianesimo nascente”. Molte ragazze, per sfuggire a questa persecuzione, sono entrate nei conventi europei senza fare un giusto discernimento vocazionale come la santa africana, divenendo così vittime della “tratta delle novizie” condannata da Papa Francesco.

Twitter @FrancescoGrana

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