L’Egitto torna al voto per il referendum costituzionale che si tiene martedì e mercoledì. E la situazione è sempre più tesa. In varie città del paese – tra cui il Cairo e Alessandria – si riaccendono gli scontri tra i sostenitori del presidente deposto Mohamed Morsi e la polizia che, secondo il ministero della Salute, hanno provocato 11 morti in diverse città. Le vittime sono state registrate nella capitale, nella provincia di Giza e in due province a sud della capitale, Bani Suef e Sohag. Secondo il comunicato 28 persone sono rimaste ferite. 

Giza ha perso la vita l’ultima vittima, un uomo, durante gli scontri tra forze di sicurezza e manifestanti a sostegno dell’ex presidente. Scontri che, riferisce Al-Ahram Arabic, sono scoppiati dopo che l’uomo insieme ad altri sostenitori dei Fratelli Musulmani, ha sparato alla polizia mentre cercava di impedire agli elettori di partecipare al referendum. Prima dell’apertura della consultazione, una bomba che non ha provocato né morti né feriti è esplosa davanti al Tribunale del Cairo. A Giza, invece, le forze di sicurezza hanno arrestato alcuni reporter di al-Jazeera. La tv del Qatar è accusata di essere vicina ai Fratelli musulmani. “Votare è un dovere nazionale” ha detto il premier del governo ad interim, Hazem el-Beblawi.

La sfida per il governo provvisorio è soprattutto numerica. La Costituzione voluta dalla Fratellanza, sospesa dopo la destituzione del presidente, nel luglio dello scorso anno, ottenne infatti l’approvazione con un ampio margine che rasentava il 70%, ma con una esigua percentuale di votanti che non andò oltre il 33%.

E così, visto che appare scontata la vittoria del “sì” al nuovo testo elaborato da una commissione di 50 esperti, presieduta dall’ex candidato presidenziale e segretario della Lega Araba, Amr Moussa, tutti gli occhi sono puntati sull’affluenza, circa 52 milioni di egiziani sono chiamati alle urne. I risultati ufficiali e definitivi sulla consultazione dovrebbero arrivare entro 72 ore dalla chiusura dei seggi. I sostenitori del deposto presidente Morsi, da agosto in cella di isolamento, assieme ad altre formazioni di ispirazione religiosa e, a sorpresa, di alcuni movimenti liberali come il “6 Aprile” dei giovani che guidarono la primavera egiziana contro Hosni Mubarak, hanno invitato i propri aderenti a boicottare il voto: anche cercando di impedire l’ingresso nei seggi. In tutto il Paese forze di sicurezza ed esercito sono mobilitate per evitarlo, con uno spiegamento che sarà difficile aggirare.

Da quando i Fratelli musulmani sono stati banditi come “organizzazione terroristica“, anche solo partecipare a una manifestazione dei pro-Morsi può costare parecchi mesi di carcere. Sullo sfondo, con un Paese che stenta a rilanciare i propri settori economici strategici, turismo in testa, il governo ad interim cerca di riconquistare fiducia a livello internazionale, al di là di quella porzione di mondo arabo, Arabia Saudita in primis, pronta a far piovere miliardi di dollari di aiuti. Secondo gli osservatori, una larga vittoria, soprattutto in termini di partecipazione, può far guadagnare alle forze di transizione quei consensi indispensabili per riportare masse di stranieri sotto le Grandi Piramidi, o a bagnarsi nel Mar Rosso.

Dopo il referendum verranno convocate le elezioni presidenziali, che si dovrebbero tenere entro l’estate. E il generale Abdel Fattah Sisi, nuovo uomo forte, non sembra destinato ad aver rivali: mentre le sue ultime dichiarazioni – “mi candiderò se lo vorranno il popolo e l’Esercito” – suona quasi come preannuncio di un ingresso nella ‘mischià che quasi tutti danno oramai per scontato.

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