Nonostante lo slogan della discontinuità lanciato dal presidente del consiglio Enrico Letta al momento del via all’aiuto pubblico via Poste Italiane, Alitalia conferma i vertici fino alla primavera 2015. E punta a stringere con Ethiad. Ma la compagnia di Abu Dhabi candidata a diventare l’alleato forte del gruppo presieduto da Roberto Colaninno, prende tempo. “Non ho alcuna intenzione di fare alleanze per la fine del mese”, ha spiegato in una conferenza stampa a Berlino il presidente della compagnia mediorientale, James Hogan. ”Siamo ancora in una fase preliminare dell’analisi su Alitalia – ha spiegato il manager – Stiamo lavorando al processo. Quel che non vogliamo, è prendere decisioni affrettate”, perché bisogna verificare la possibilità di “portare una compagnia aerea a fare profitti sostenibili”.

Il temporeggiamento di Ethiad è una vera doccia fredda per il management di Alitalia che tenta di far buon viso a cattivo gioco. “Con Ethiad siamo in una fase esplorativa – ha spiegato l’ad Gabriele Del Torchio – ma sono ottimista. Ci sono tutte le indicazioni per fare un buon 2014”. Con in più la fiducia ai vertici attuali da parte dei nuovi e vecchi soci: “Continua una cosa importante, con la determinazione mia e di Colaninno di portare Alitalia in condizioni commerciali e finanziarie tali da ripartire”. Del Torchio ha poi ribadito come l’ampliamento della base azionaria sia un punto a favore della nuova Alitalia: “Oggi abbiamo nel capitale le due più importanti banche italiane e ci sono anche le Poste – ha dichiarato il manager – E’ entrato poi un nuovo socio a conferma della fiducia nel nuovo corso. Sono felice che ad azionisti storici si siano aggiunti nuovi soci. Abbiamo così un azionariato forte capace di accompagnare il percorso della compagnia”.

Queste le parole. Nei fatti, però, la strada  resta in salita e il tempo che scorre non gioca a favore di Alitalia che dopo la ricapitalizzazione vede in testa al suo azionariato Intesa Sanpaolo con il 20,59% seguita a stretto giro da Poste (19,48%); Unicredit (12,99%); Immsi (Colaninno, 10,19%); Atlantia (Benetton, 7,44%); Air France Klm (7,08%); Fire Spa (Riva, 4,28%); Odissea Srl (Percassi, 3,90%),; Macca srl 3,69%, Pirelli (Tronchetti-Provera, 2,67%); G&C Holding (1,24%); Gavio (1,18%); Aura Holding (0,92%); I2 Capital (0,95%); Marcegaglia (0,75%); Loris Fontana (0,59%); Toto (0,41%); THSA (0,41%); Fondiaria Sai (0,35%); Equinocse Sarl (0,30%); Solido Holding (0,21%); Acqua Marcia (Bellavista Caltagirone, 0,14%); GFMC (0,14%) e Vitrociset (0,10%).

Secondo il rapporto confidenziale “Project Angel” redatto dalla società di revisione PriceWaterhousCoopers su commissione di Poste e svelato da La Repubblica, Alitalia potrebbe aver bisogno a stretto giro di nuovi capitali freschi, oltre a quelli già sborsati dai soci e dalle Poste. Nella nota privata, datata inizio novembre, i revisori hanno evidenziato che “il 2013 si chiuderà con perdite operative per 243 milioni, molto di più dei 183 milioni di rosso previsti fino a pochi mesi prima. Se il piano industriale del riconfermato ad Del Torchio non darà risultati in tempi rapidi e se Etihad rinuncerà ad entrare in Alitalia, i 300 milioni appena versati dai soci (compresi i 75 con cui Poste è diventata azionista al 20%) potrebbero non essere sufficienti per tenere in rotta la società”.

Non solo: secondo i revisori già oggi, nei numeri di Alitalia, esistono una serie di fattori di rischio legati ad accordi di rinegoziazione di contratti di fornitura che avrebbero consentito di migliorare le performance operative degli esercizi 2011 e 2012, ad una serie di cause (2.700 per la precisione) con una richiesta danni complessiva da 470 milioni, all’elevato valore di avviamento di alcune partecipate fra cui quella del programma Millemiglia, Alitalia Loyalty ed infine alle eventuali penali da pagare in caso di divorzio definitivo da AirFrance-Klm. Una nota a tinte fosche, quella presentata da Pwc, che però non è riuscita a dissuadere il management di Poste dall’investire in Alitalia con l’ambizione dichiarata di realizzare sinergie con il proprio vettore postale Mistral Air, finora sempre in perdita.

Per il gruppo presieduto da Massimo Sarmi, che ha fatto il suo ingresso in un nuovo consiglio più snello con undici componenti (contro i precedenti diciannove) assieme a Unicredit e a Percassi, una decisione che rischia di avere risvolti dolorosi. Soprattutto alla luce delle distanze prese dalla compagnia di Abu Dhabi che ha anche smentito l’interesse per un investimento nell’Aeroporto di Roma il cui scalo è gestito dalla Adr controllata dalla famiglia Benetton, socia, fra l’altro, anche di Alitalia. Del resto è stato lo stesso Del Torchio ad ammettere che la compagnia avrà presto bisogno di nuova liquidità.  “Ci siamo rafforzati sotto i lprofilo patrimoniale e ora dobbiamo rafforzarci su quello finanziario. Per questo stiamo discutendo con le banche per farci accompagnare nel Piano di crescita con ulteriore apporto di liquidità“, ha detto. E ha contestualmente precisato che la ricapitalizzazione appena chiusa è sufficiente “se saranno centrati gli obiettivi di Piano. Altrimenti sarà inevitabile un altro aumento”.  Salvo poi aggiungere che sulla ricerca di un nuovo partner, “anche noi non abbiamo fretta, non siamo disperati”.

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