Questo paese è incredibile. Basta morire e i peccati di colpo paiono assolversi. Così, adesso, c’è già chi riabilita il signore della guerra Ariel Sharon: “Un leader contraddittorio”, “nella sua storia ci sono errori ma anche grandi gesti”, “l’uomo che comunque cercò la pace benché in maniera oltranzista”. E’ uno scherzo? Il massacro di Sabra e Chatila è già stato dimenticato? Sidun di Fabrizio De André l’ho ascoltata solo io?
 
Ecco, tra i tanti, il racconto di una giornalista del Daily Mail: «Nella mattinata di sabato 18 settembre 1982, tra i giornalisti esteri si sparse rapidamente una voce: massacro. Io guidai il gruppo verso il campo di Sabra. Nessun segno di vita, di movimento. Molto strano, dal momento che il campo, quattro giorni prima, era brulicante di persone. Quindi scoprimmo il motivo. L’odore traumatizzante della morte era dappertutto. Donne, bambini, vecchi e giovani giacevano sotto il sole cocente. La guerra israelo-palestinese aveva già portato come conseguenza migliaia di morti a Beirut. Ma, in qualche modo, l’uccisione a sangue freddo di questa gente sembrava di gran lunga peggiore».

Le truppe israeliane di Sharon permisero quel massacro, che vide la morte di un numero tuttora imprecisato di civili palestinesi (chi dice 400, chi 3500). Sabra e Chatila erano due campi profughi, controllati in territorio libanese dall’esercito israeliano. Prima dell’eccidio, l’esercito di Sharon (Ministro della Difesa) chiuse quei campi, affinché falangisti e milizie cristiano-maronite libanesi potessero comodamente infierire su donne, anziani e bambini, con la scusa della vendetta per l’assassinio di Bashir Gemayel, fondatore delle Falangi e Presidente della Repubblica del Libano ucciso pochi giorni prima in un attentato.

Fu Sharon, come Ministro della Difesa, a decidere di invadere il Libano. Fu Sharon, benché responsabile “indiretto” a Sabra e Chatila (a uccidere concretamente furono i falangisti), “ad aver ignorato il pericolo di spargimento di sangue e di vendetta” e a “non prendere misure appropriate per evitare spargimento di sangue”. E fu sempre Sharon, nel 2000, a scatenare la Seconda Intifada, con la famosa “passeggiata” plateale nella Spianata delle Moschee a Gerusalemme (tradizionalmente controllata dai palestinesi). 

Questa bieca abitudine di riabilitare tutti i potenti è una prassi intellettualmente oscena. Il rispetto si merita, e per questo non si può avere nei confronti di chi non è stato semplicemente un uomo “contraddittorio e in chiaroscuro”, come leggo ora anche in editoriali illustri, ma ha bensì sulla coscienza migliaia di morti. I garantisti, comicamente, sostengono adesso che Sharon fu in qualche modo “assolto” dopo le indagini della Commissione Kahan. Non esattamente: la Commissione arrivò a queste conclusioni nel 1983: “Abbiamo stabilito che il ministro della Difesa [Ariel Sharon] ha la responsabilità personale”. E’ vero poi che, molti anni dopo, Israele si oppose al tentativo belga di incriminare Ariel Sharon; a causa delle pressioni internazionali, il parlamento belga rivide la legge sulla universalità della competenza e a quel punto la Corte di Cassazione del Belgio si trovò costretta ad archiviare la posizione di Sharon.

Io ho pianto quando è morto Vittorio Arrigoni, non certo per Sharon. E a chi ribatte che “ultimamente Sharon era moderato”, faccio notare che è vero, sì, ultimamente era più moderato, ma solo perché da otto anni era in coma.

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