Puntare sulle lingue straniere, senza trascurare l’italiano e la storia dell’arte. Con un’attenzione particolare all’innovazione digitale e alla formazione dei docenti. Sono gli aspetti della scuola pubblica su cui bisognerebbe puntare secondo alcune delle oltre 120 testimonianze inviate dai lettori de ilfattoquotidiano.it.

Marcello Buscaglia: “Restituiteci la dignità di essere insegnanti”
Sono un insegnante precario di filosofia che lavora prevalentemente nei licei. Nonostante io sia risultato vincitore di un concorso pubblico nel 1999 non ho ancora ottenuto la cattedra a cui avrei diritto. Sono sempre stato assunto con contratti a tempo. Per i mesi estivi non ho mai percepito stipendio e la mia retribuzione è ferma da 13 anni perché non mi è riconosciuta anzianità di servizio, essendo assunto e licenziato ogni volta. Ovviamente, durante i mesi estivi vengono interrotti anche i versamenti previdenziali. Ho anche fatto ricorso avverso il ministero della Pubblica istruzione per la situazione di precarietà in cui sono costretto, risultando vincitore sia in primo che in secondo grado.

Sono tuttora in attesa del risarcimento a cui avrei diritto, secondo i primi due gradi di giudizio. Nonostante questa situazione di assoluta incertezza lavorativa, ho interpretato il mio ruolo di insegnante con serietà e onestà intellettuale, cercando di coinvolgere i miei studenti e stimolarli allo sviluppo di una coscienza critica, nella speranza che le nuove generazioni possano affrontare la società con qualche arma in più. La scuola che vorrei è una scuola che sappia rispettare i suoi insegnanti e che sappia metterli nelle migliori condizioni per poter formare ed educare al meglio le nuove generazioni. Vorrei una scuola che riconoscesse il mio impegno e la mia dedizione. Vorrei una scuola moderna con una dotazione tecnologica all’altezza per coinvolgere, con le nuove modalità comunicative, i propri alunni.

Vorrei una scuola pubblica finanziata con soldi pubblici, per garantire la libertà di insegnamento e per assicurare ai ragazzi la possibilità di ascoltare voci diverse, e punti di vista alternativi, affinché possano loro scegliere la strada più adatta e costruirsi un percorso formativo che possa portarli alla soluzione del problema a cui sono chiamati alla loro età: trovare una nuova identità. Vorrei, infine, un ministro della Pubblica istruzione all’altezza del compito che è chiamato a svolgere. Dopo Berlinguer, Moratti, Fioroni, Gelmini, Profumo, Carrozza sarebbe ora che su quella poltrona si sedesse qualcuno che conosca il mondo della scuola e che abbia a cuore il futuro di questo Paese, futuro che passa necessariamente per le nuove generazioni.

Marco De Ferrari: “Diamo alla scuola pubblica i soldi delle private”
Penso che si debba istituire un forte finanziamento pubblico annuale a favore della sola scuola pubblica, e cessare ogni finanziamento pubblico per le scuole private di ogni tipo (in sintonia all’art. 33 Costituzione). Così si potrebbero mettere in sicurezza tutti gli edifici, attrezzare dignitosamente laboratori e garantire ordinaria manutenzione e igiene.

Roberto Hofer: “Potenziamo le lingue”
Tra le priorità della scuola italiana ritengo che vi sia il potenziamento della conoscenza linguistica, a tutti i livelli d’istruzione. È fondamentale sin dalla scuola elementare (se non addirittura dalla materna) trovare il modo di creare “immersioni linguistiche”. La padronanza di una lingua straniera offre maggiori opportunità di trovare lavoro all’estero, qualsiasi livello d’impiego si cerchi.

Simone Ciatto: “Familiarizziamo con le lingue straniere”
Iniziamo ad avere delle classi dove si parli prevalentemente in lingua. Facciamo fare agli studenti conversazione a coppie, facciamoli scrivere. Invitiamoli a familiarizzare con l’inglese quando guardano la tv, leggono online. Cerchiamo come insegnanti di lingua di rendere l’insegnamento della lingua straniera più accattivante. E anche qui, la letteratura va bene, ma cerchiamo di renderlo un processo dove lo studente esprime un punto di vista critico, scrivendo o in maniera orale, piuttosto che la semplice memorizzazione di concetti.

Marco Purificato: “Bisogna rivedere i programmi”
È necessaria una revisione dei programmi scolastici, con l’aggiunta di materie scientifiche, lingue ed informatica potenziata. Anche i programmi storia vanno riorganizzati: da studente trovo ridicolo che si spendano tre anni ad approfondire i minimi dettagli della storia romana ed antica e poi si interrompano i programmi intorno alla caduta del muro di Berlino

Marta D’Onofrio: “L’arte ci educa al Bello”
La scuola che vorrei non rinuncia alla Storia dell’Arte, perché abituare l’occhio al Bello fa bene sia agli ingegneri che ai poeti.

Alessandro Vannini: “L’italiano è la base di tutto”
Bisogna tornare ad insegnare più italiano e storia dell’arte, che oltretutto è stata quasi completamente eliminata. Le altre materie sono insegnate attraverso la lingua italiana! Perfino buona parte della matematica lo è! Sono essenziali delle più che solide basi.

Daniele Sestri: “Ci vuole più pratica”
Io credo che la scuola italiana debba puntare molto di più sulla pratica. Le nostre scuole sono troppo teoriche. Una persona che esce dall’università sa fare solo in teoria.. ma arrivato all’atto pratico viene superato da individui che hanno molta più esperienza di lui.

Irene Scapola: “Confrontiamoci con il mondo reale”
Sono uscita da un anno e mezzo dal mondo della scuola e quel che di più mi è mancato è stato il confronto con l’attualità: ogni materia è indubbiamente utile, ma come formare un cittadino se non si svolge nell’ambiente scolastico almeno un’ora di dibattito e discussione su quel che avviene nel nostro Paese, al di fuori, ogni giorno?

Matteo Tassi: “È il momento della rivoluzione digitale”
E’ impensabile e inaccettabile che nel 2013 si debbano spendere 500 euro all’anno per comprare libri sempre uguali e dal peso specifico menomante per gli studenti, quando nel resto del mondo ormai l’e-book è l’unica realtà concepibile. Ovviamente ci vuole un lavoro infrastrutturale per sviluppare reti wi-fi gratuite. E bisogna aumentare le ore da dedicare all’insegnamento nell’uso del computer, ancora oggi operazione lasciata più alla “libera interpretazione” del singolo che non ad un sistema educativo degno del nostro secolo.

Alessandro Profeti: “Il cambiamento parte dalle strutture”
Il cambiamento parte dall’ammodernamento delle strutture. Servono edifici moderni, provvisti di certificazione statica, abitabilità e altre certificazioni “normali” in paesi considerati terzo mondo. Stop agli edifici fatiscenti e costruiti in terreni non idonei. E poi tutte le scuole devono essere provviste di una dotazione minima: materiale didattico (fogli per fotocopie), lavagne elettroniche, internet “flat” in ogni istituto, almeno un computer in ogni classe connesso con monitor a disposizione degli insegnanti per la didattica.

Antonella Guerretti: “Investiamo sulla formazione dei docenti”
Dobbiamo investire in formazione. Fare in modo che i docenti siano sempre all’altezza del loro ruolo formativo, metterli in grado di forgiare le menti di chi sarà l’uomo e la donna del domani. Poi si potrà discutere di abolire i finanziamenti alle scuole private, eliminare il precariato e così via. A mio avviso solo una preparazione di ottimo livello consentirà al corpo decente di poter riconquistare quell’autorità che da parecchio tempo sembra essersi persa tra le pieghe della mediocrità.

Stefano Amantini: “Gli insegnanti non sono aggiornati”
Gli insegnanti, anche se per la maggior parte ci mettono tante energie e tanta buona volontà, risentono molto di una formazione antiquata. Tranne rari casi non riescono veramente a comunicare bene la loro materia ai ragazzi. Quindi più investimenti alla formazione moderna di una nuova generazione di insegnanti e più incentivi a fare questa professione con passione e dedizione. Va anche detto a parziale giustificazione degli insegnanti che il numero degli studenti per classe non va bene. È assolutamente ridicolo che si pretenda da questi insegnanti di lavorare bene con 30 ragazzi in classe in prima liceo o 27 in seconda media. Le classi dovrebbero essere al massimo di 18-20 ragazzi.

Carlo Boisio: “Valutiamo i docenti”
Nella scuola il soggetto più tutelato dev’essere lo studente. Tutto il personale docente e non docente (dirigenti scolastici compresi) dovrebbe essere soggetto a valutazione delle proprie prestazioni professionali; anche gli studenti e le famiglie dovrebbero poter esprimere un parere a riguardo (la cosiddetta scheda di gradimento del servizio).

Luca Lopardo: “I concorsi non funzionano, passiamo alla chiamata diretta”
Bisogna abolire i concorsi pubblici, dove gli insegnanti vengono selezionati in base a criteri oggettivi nel solo senso di “facilmente misurabili”. Basta con i quiz. E responsabilizziamo le singole scuole, con una forte autonomia anche nell’assunzione degli insegnanti, esattamente come avviene in Gran Bretagna e Germania, ma anche in Ungheria. Inoltre, gli insegnanti devono essere ben pagati. Fatto come si deve, il mestiere dell’insegnante comporta fatiche e responsabilità notevoli. Quantificherei il salario medio attorno al doppio dell’attuale, quindi 2.300 euro in media, con premi e penalità a seconda della soddisfazione di ragazzi, famiglie e istituzioni.

Marina Madia Modina: “Basta vivere le scuole per capire cosa non va”
Il fatto che chi sia chiamato a trovare soluzioni pensi di farlo attraverso un referendum popolare mi trasmette un che di insicurezza e lontananza dai problemi reali. E questo mi preoccupa molto. Ho spesso la sensazione che basterebbe vivere più da vicino la realtà delle scuole e delle famiglie degli studenti per capire cosa non va.

Anna Giordano: “Il sondaggio della Carrozza è un disastro!”
Appena ho letto il titolo in prima pagina ho sentito un pugno nello stomaco. Sono indignata: come si può trattare in questo modo la scuola pubblica? I programmi, le materie, la durata degli studi, ecc., non dovrebbero essere materia per addetti ai lavori? Evidentemente, la Ministra non lo è! È come se si sottoponessero gli Italiani a un sondaggio dal titolo: “La magistratura che vorrei”. Sarebbe un disastro, un populistico disastro!

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