I tecnici che nelle indagini della magistratura si occupano delle intercettazioni, non vengono pagati con regolarità dal Ministero di Grazia e Giustizia. E quando ciò avviene, avviene in ritardo. C’è così tutto un settore imprenditoriale che soffre, arrivando sino alla chiusura di aziende con la conseguente perdita di posti di lavoro e di un bagaglio di competenze davvero notevoli. Una cosa del genere è successa alla Cogei Srl. Ovvero, alla Compagnia generale di investigazioni di Pero, in provincia di Milano, da qualche tempo in liquidazione perché dal Ministero vanta un credito di oltre 630 mila euro. Si sono così trovati senza occupazione una decina di dipendenti. Pur curando per diverse procure del territorio nazionale il noleggio e l’installazione di sofisticate apparecchiature per intercettazioni ambientali e telefoniche, l’azienda ha stentato a ricevere il giusto compenso. Nel 2011 è stato così emesso dal Tribunale di Milano un decreto ingiuntivo ai danni del Ministero di Grazia e Giustizia, per un ammontare di 400 mila e 877 euro.

“Per vedere quei soldi – spiega l’avvocato Andrea Gatto, legale di fiducia di Cogei – siamo dovuti ricorrere al Tribunale amministrativo della Lombardia che ha emesso un ‘giudizio di ottemperanza’ e nominato un commissario che si occuperà della liquidazione. Ma tutto questo è avvenuto solo la settimana scorsa”. Nel frattempo Cogei ha chiuso e del prezioso contributo dato in decine e decine di indagini rimane solo il ricordo e un conto ancora da saldare. Le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno certamente una funzione fondamentale nel lavoro della magistratura. Basta pensare ai procedimenti che riguardano la criminalità organizzata. Ci sono diversi processi in corso che, se non si fossero captate le conversazioni di boss, gregari e spalleggiatori, mai si sarebbero potuti istruire.

“E questo è stato possibile per il lavoro, tra gli altri, del mio cliente – sottolinea l’avvocato Gatto – che reperiva sul mercato, per conto delle procure, le apparecchiature tecnologicamente più avanzate”. Si trattava di microspie, registratori, banchi regia video e audio, che dovevano stare al passo con le strumentazioni che, dall’altra parte, i criminali mettevano in campo, per individuare e neutralizzare cimici e quant’altro. “Non è che queste apparecchiature venissero acquistate – puntualizza il legale di Cogei – ma le si noleggiava; operazione comunque molto costosa, anticipata dal mio cliente e non ancora rimborsata dal Ministero di Grazia e Giustizia”.

L’avvocato Gatto chiarisce poi che Cogei non è l’unica azienda di quel settore a trovarsi, o essersi trovata, in crisi di liquidità per crediti mai evasi da parte della pubblica amministrazione. “Sino a qualche tempo fa – precisa il legale – il Ministero aveva nei confronti dei miei clienti impegnati nel settore delle intercettazioni, un debito di oltre 20 milioni di euro. E questo, ripeto, solo per quanto riguarda miei clienti. Per fortuna quella cifra è andata a diminuire col tempo, all’incirca dimezzandosi”. Nel 2010 il Ministero di Grazia e Giustizia aveva potuto godere di un contributo straordinario di circa 150 milioni di euro per appianare i debiti. Peccato che, allora, ammontassero a circa 500 milioni. “Il mio studio – conclude l’avvocato Gatto – ha ottenuto per conto dei nostri clienti una dozzina di sentenze a proprio favore. Ora attendiamo che tutti i crediti vengano liquidati”.

IL DISOBBEDIENTE

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