Carlo De Benedetti e il suo amministratore delegato Monica Mondardini avrebbero preferito un esito diverso. Fatto sta che i giornalisti di Repubblica hanno scelto di “morire” di prepensionamenti invece che di solidarietà al 15 per cento, come testimonia l’esito del referendum che per una quarantina di voti ieri ha visto prevalere la prima opzione sulla seconda, entrambe in alternativa agli 81 tagli messi sul piatto dal Gruppo Espresso a fine settembre.

Sulla scelta hanno sicuramente pesato le istanze delle redazioni distaccate, che con la solidarietà avrebbero sofferto maggiormente. Tanto più che l’uscita dei 59 prepensionati da qui al 2015, scelti tra tutti coloro che nell’arco del piano avranno compiuto i 60 anni di età, sarà compensata dall’assunzione di 14 giovani giornalisti. Che risponde a quanto previsto dalla legge di Stabilità in concomitanza con l’istituzione del fondo da 120 milioni di euro che sosterrà il 70% dei costi dei prepensionamenti (il resto è a carico delle apposite riserve aziendali). Senza contare il fatto che gli stessi prepensionati potranno continuare a scrivere sul quotidiano anche una volta usciti dalla porta principale. Sul punto il direttore del quotidiano, il 65enne Ezio Mauro, è stato abbastanza chiaro nella missiva inviata ai redattori alla vigilia del voto. “Nel caso la redazione scelga i prepensionamenti parleremo con tutti gli interessati. Attraverso le collaborazioni dei colleghi che escono dalla redazione, cercheremo di mantenere il più possibile intatta la superficie giornalistica della parte di scrittura”, aveva scritto prima ancora di riassumere le linee guida della nuova Repubblica in procinto di cambiare formato e ridurre le pagine. Per poi ribadire il concetto: “La solidarietà comporta l’assenza di un giorno in più alla settimana per tutti i giornalisti. Nel caso dei prepensionamenti, l’assenza di 59 giornalisti a partire da fine 2014-inizio 2015, a causa dei tempi tecnici di applicazione della legge 416: risponderemo prima di tutto con il recupero del maggior numero possibile di colleghi che si dedicano alla scrittura, attraverso contratti di collaborazione”.

Parole che, in pieno conflitto generazionale in corso, non possono non aver rasserenato gli animi della parte più anziana della redazione. Del resto, la solidarietà tra i quotidiani utilizzata per la prima volta dall’Unità a fine anni Novanta su impulso di Sergio Cofferati e oggi tra gli ammortizzatori più in voga nell’editoria, piace soprattutto agli editori: i costi sono prevalentemente a carico della cassa di previdenza dei giornalisti (l’Inpgi) e, in piccola parte, ai lavoratori. Nel caso di Repubblica, per esempio, i giornalisti con retribuzioni fino a 157mila euro annui avrebbero perso il 3% dello stipendio. Il tandem De Benedetti-Mondardini, poi, alla scadenza del contratto di solidarietà avrebbe sempre potuto, in caso di necessità e, quindi, di nuovi esuberi, riproporre i prepensionamenti e usufruire così di entrambi gli ammortizzatori.

Il dado per il quotidiano che viaggia verso una chiusura d’anno in rosso per oltre 4,5 milioni, in ogni caso è tratto. Seguirà il lancio del nuovo formato del giornale a foliazione ridotta che sarà “più semplice, più lineare, faciliterà il reimpiego delle nostre forze secondo il piano che sarà deciso dalla redazione tra le due opzioni imposte dalla crisi. Lo gestiremo insieme”, come anticipato da un Mauro fiducioso “nel nostro futuro”.

 da Il Fatto Quotidiano del 18 dicembre 2013

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