La Spagna è sull’orlo di una frattura storica. Il governo di una delle sue regioni più importanti, la Catalogna, ha annunciato pochi giorni fa l’intenzione di convocare un referendum per l’indipendenza. La notizia l’ha data Artur Mas, presidente del governo Catalano, che ha annunciato che la consultazione referendum si farà a fine 2014. Le domande sono due e molto semplici. La prima: “Volete che la Catalogna sia uno Stato? Si o no”. La seconda: “Se volete che sia uno stato, volete che sia indipendente? Si o no”.

L’annuncio arriva dopo oltre un anno di Governo di Ciu, i catalanisti di destra insieme alla sinistra repubblicana e i verdi. I sondaggi indicano che il si potrebbe anche vincere, creando dei seri problemi alla Spagna. La difesa spagnola passa tramite l’incostituzionalità di tale referendum e dal fatto che una Catalogna indipendente, sarebbe automaticamente fuori dall’Europa. Infatti i trattati europei prevedono che l’ammissione di un nuovo Stato debba essere approvato da tutti gli stati membri dell’Unione Europea e la Spagna, molto prevedibilmente sarebbe contraria. Non a caso nelle manifestazioni a favore dell’indipendenza, si leggeva spesso “Catalogna, nuovo Stato d’Europa”, come se si volesse sconfiggere questa paura. I catalani non vogliono rimanere fuori dall’Europa (non sono come i leghisti nostrani), ma vogliono essere autonomi.

Le colpe di questa incomprensione tra Spagna e Catalogna non risiedono solo da una parte. È un’incomprensione che fa comodo a molti politici, spagnoli e catalani, per cercare di nascondere i problemi economici. Storicamente la Catalogna è una parte della Spagna che si è sentita sempre diversa rispetto al resto del territorio. La lingua è differente, tanto che nelle scuole pubbliche, lo spagnolo è trattato come una lingua straniera. Ad esempio nei “licei” si svolgono meno ore settimanali di castigliano rispetto a quelle d’inglese. La volontà indipendentista è sempre stata forte, ma è andata acuendosi negli ultimi anni.

Nel giugno del 2006, il governo di sinistra decise di fare uno Statuto che dichiarava la Catalogna come nazione. Tale Statuto venne approvato in un referendum. Nel mezzo della dura crisi economica, si acuì anche la crisi politica tra la Catalogna e il resto della Spagna. Infatti, il Tribunale Costituzionale Spagnolo, decise di invalidare lo statuto della Catalogna, facendo salire la tensione. La Catalogna, da regione ricca della Spagna – il prodotto interno lordo pro capite è infatti superiore del 19 per cento rispetto a quello medio spagnolo – continuava a contribuire maggiormente per le regioni più povere, quali ad esempio l’Andalusia.

Nel 2010 al governo della Catalogna c’era il CIU, guidato da Artur Mas. Il leader del partito catalanista si schierò fortemente contro la decisione del Tribunale Supremo. Il grande cambiamento tuttavia si ebbe ormai poco più di un anno fa. La Catalogna era alle prese con la dura crisi economica che aveva visto portare il tasso di disoccupazione vicino al 20 per cento e il governo di Artur Mas era sempre più in difficoltà. L’11 di settembre 2012, il giorno della “diada”, festa nazionale catalana, ci fu una grandissima manifestazione per l’indipendenza a cui parteciparono quasi un milione di persone. In seguito a questa giornata, Mas andò a trattare con Madrid per ottenere una minore solidarietà da parte della Catalogna nei confronti delle restanti regioni spagnole. Mariano Rajoy, leader del partito popolare al governo della Spagna, si rifiutò a Artur Mas, il quale sciolse il Parlamento catalano e chiese di andare alle urne anticipate. Tale mossa serviva a Mas per non rispondere della pessima gestione economica della crisi e puntare sul nazionalismo catalano, in seguito al successo della Diada, sperando di riottenere la maggioranza assoluta dei seggi.

Purtroppo per Mas, le elezioni diedero un risultato differente e il CIU ottenne solo una maggioranza relativa. Per formare un Governo, il CIU si alleò con gli indipendentisti di sinistra, in particolar modo con la sinistra repubblicana guidata da Oriol Junqueras. Questo giovane ed abile leader indipendentista, in poco tempo ha risollevato il partito di sinistra, tanto che è attualmente dato dagli exit poll come primo partito in Catalogna. L’asse dell’indipendentismo si saldò, nonostante l’economia catalana continuasse ad andare a rotoli. Un patto indipendentista, su un programma elettorale che mischiava elementi di economia di destra e sinistra. Gli sprechi catalani sono noti a tutti. Ad esempio, l’aeroporto di Lleida a meno di 150 chilometri da quello di Barcellona, costruito con un costo superiore a 100 milioni di euro a carico dei contribuenti catalani, solamente perché “ogni provincia deve avere il suo aeroporto”. Un aeroporto vuoto che per attirare compagnie finanziava con soldi pubblici regionali le compagnie aeree per effettuare addirittura un Barcellona – Lleida. O la compagnia aerea catalana, Spanair, fallita miseramente come Alitalia. Assurdità che potevano essere comprese solo da un punto di vista nazionalistico, ma che non si reggevano su nessun criterio economico. La partita tra Barcellona e Madrid è ormai senza dialogo e proprio per questo motivo i rischi di uno scontro degenerato sono sempre maggiori. Uno scontro che non fa bene alla Spagna e non fa bene neanche alla catalogna, ma che forse serve ai politici per nascondere i problemi sotto il tappeto del nazionalismo.

@AndreaGiuricin

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