Addio al Cerba. Il Comune di Milano ha risposto picche alle richieste di proroga sulla deadline per l’avvio del progetto. E del Centro europeo di ricerca biomedica avanzata ideato da Umberto Veronesi non se ne farà più nulla. Un finale che colpisce gli interessi delle banche. In particolare di Unicredit, che attraverso la sua realizzazione sperava di recuperare una parte dei crediti vantati verso Imco, la holding fallita di Salvatore Ligresti, proprietaria dell’area su cui sarebbe dovuto sorgere il Cerba.

I terreni su cui era stato progettato il centro, all’interno del Parco Sud di Milano, erano uno dei pezzi più pregiati nel piano di concordato preventivo presentato lo scorso ottobre dalla Visconti, la newco creata ad hoc dalle banche creditrici e capitanata proprio da Unicredit. L’area, ipotecata per 120 milioni di euro nel 2010 da Ligresti a garanzia dei crediti ottenuti, aveva un valore stimabile in 100-300 milioni. Ma ora che si è chiusa la possibilità di costruire il centro di ricerca, insieme a 40mila metri quadri di housing sociale e 7mila di negozi, tale valore rischia di crollare a meno di 10milioni. Il piano di concordato preventivo ora potrebbe essere ritirato. E le banche potrebbero dovere svalutare a bilancio i propri crediti, che ammontano a 343 milioni di euro, se oltre a Imco si considera anche Sinergia, l’altra società dei Ligresti a essere fallita. Alla somma, poi, vanno aggiunti i crediti del gruppo FonSai, oggi Unipol, a sua volta debitore di Mediobanca e Unicredit, che portano il totale oltre quota 600 milioni di euro

L’istituto più esposto è Unicredit, con 180 milioni. Tanto che la decisione arrivata da Milano è una dura botta per l’amministratore delegato Federi Ghizzoni. Si interrompe così una serie di notizie positive, questa volta provenenti da Roma, che nelle settimane scorse hanno fatto sorridere il banchiere e i suoi colleghi ai vertici della lobby bancaria. A iniziare dalle modifiche allo statuto della Cassa depositi e prestiti, la società pubblica che gestisce i risparmi degli italiani, che ora potrà garantire alle banche miliardi di liquidità da destinare alla concessione di mutui. Fino all’ultimo aiuto deciso dal governo Letta: la rivalutazione delle quote di Bankitalia in possesso degli istituti di credito. Questo consentirà a Unicredit di registrare una plusvalenza di almeno 800 milioni di euro e garantirà la possibilità di ricevere da Palazzo Koch fino a 1,28 miliardi per le quote che eccedono il nuovo limite di partecipazione in Bankitalia del 5 per cento.

Ora però Palazzo Marino rovina la festa. La vicenda parte da lontano. Dopo il fallimento di Imco era venuto a mancare un soggetto attuatore che potesse siglare la convenzione dell’accordo di programma per il Cerba e dare così avvio al progetto. A fine marzo il comune di Milano aveva inviato ai curatori fallimentari una diffida che concedeva tempo fino al 30 giugno per la firma. Termine poi prorogato di sei mesi, per consentire alla Visconti di presentare la proposta di concordato, più volte annunciata dalle banche ma sino a quel momento rinviata. Mercoledì, a pochi giorni della deadline si è riunito il collegio di vigilanza al cui tavolo siedono Comune, Provincia, Regione, curatela fallimentare e Fondazione Cerba. Una riunione che ha sancito la bocciatura definitiva del progetto, dopo che dalla Visconti era stata chiesta un’ulteriore proroga di sei mesi per consentire di ottenere l’ok al concordato da parte del tribunale. E per permettere di definire un atto integrativo che apportasse alcune modifiche al progetto e una riduzione degli oneri da versare, in modo da renderlo più sostenibile dal punto di vista finanziario, considerati i tempi di crisi. Ma le richieste avanzate dalle banche attraverso la Visconti non hanno convinto Palazzo Marino, che, tra l’altro, nei giorni scorsi ha inviato in Procura su istanza dei pm una serie di atti amministrativi relativi all’iter del progetto del Cerba. Sul crac di Imco e Sinergia pende infatti anche un’inchiesta penale, che potrebbe approfondire proprio la questione del pegno costituito sui terreni del centro, che è stato già contestato dal tribunale fallimentare.

Intanto scoppia la polemica politica. “Privare Milano di un centro internazionale di ricerca biomedica, che si metterebbe in concorrenza con 
quello di New York, credo sia un grave danno per la nostra sanità e la 
nostra salute”, ha dichiarato l’assessore lombardo alla Salute Mario Mantovani, che chiede a Pisapia di ripensarci. Ma la posizione del vicesindaco con delega all’Urbanistica Ada Lucia De Cesaris resta ferma sul no alla proroga: “Sino ad oggi non è stata avanzata nessuna proposta concreta e, soprattutto, rispettosa del progetto originario”. Per poi lasciare aperto uno spiraglio: “Ricominciamo daccapo fuori da ogni preoccupazione di speculazione e lavoriamo 
per realizzare il grande Cerba”. Una soluzione che però imporrebbe di ripetere tutto l’iter. E non metterebbe al sicuro i crediti delle banche.

Articolo Precedente

Papa Francesco, consulenti di McKinsey per ottimizzare la comunicazione vaticana

next
Articolo Successivo

Telecom tra Spagna e Usa, tutti i fattori che hanno ristretto l’azione dei manager

next