In plancia di comando qualcosa si era capito. Si temeva che qualcosa potesse andare storto: “E’ troppo vicino, questo è pazzo”. Ma forse si esorcizzava con il sorriso: bisogna virare “otherwise we go on the rocks”, altrimenti andiamo sulle rocce. E tutti i presenti in plancia giù a ridere. Ma nessuno disse a Francesco Schettino che quella manovra a due bracciate dall’isola del Giglio si stava facendo ardita. Nessuno provò a fargli notare il rischio. Era d’altronde un capitano severo, che esigeva il massimo silenzio nei dintorni del timone. E poi il resto dell’equipaggio non poteva ammutinarsi: “Non potevo aprire un conflitto con il comandante a poca distanza dall’isola”. E’ il senso, in sintesi, della testimonianza di Ciro Ambrosio, primo ufficiale della Costa Concordia, che ha deposto nel processo per la sciagura del 13 gennaio 2012 nel quale l’ex comandante è imputato per vari reati. Fu Ambrosio a passare il comando a Schettino poco prima dello schianto della nave da crociera sugli scogli delle Scole, a poche decine di metri dalla costa del Giglio.

Il primo ufficiale – cioè il terzo in scala gerarchica dopo comandante e comandante in seconda in plancia di comando – ha patteggiato come tutti gli altri imputati tranne Schettino: un anno e 11 mesi la pena concordata. Lui e gli altri ufficiali in plancia avevano capito che la manovra – l’inchino dedicato al capitano in pensione Mario Palombo – stava diventando un’operazione azzardata. “E’ troppo vicino, questo è pazzo!” si sente commentare nella registrazione del Voice Data Recorder della Concordia (la scatola nera) fatta risentire in aula dal pm Alessandro Leopizzi. “Il comandante comanda” e ”non potevo aprire un conflitto col comandante a poca distanza dall’ isola”, “non volevo certo ammutinarmi” ha spiegato Ambrosio rispondendo alle domande degli avvocati di Schettino. Se la navigazione aveva tutte quelle criticità, perché “tutto questo non viene detto al comandante?” chiede il legale Donato Laino

Quindi chissà se era appunto per esorcizzare o per sollievo o per leggerezza che a un certo punto il Vdr registra delle risate in plancia di comando. Infatti accade quando Schettino ripete al timoniere indonesiano Jacob Rusli Bin l’ordine di virare. Quest’ultimo infatti non ha capito e esegue quanto richiesto solo alla seconda: “Otherwise – dice Schettino – we go on the rocks”, altrimenti andiamo sulle rocce. E tutti a ridere.

Di solito Schettino “voleva il massimo silenzio – continua Ambrosio – era severo su distrazioni e rumori molesti, una volta l’ufficiale Silvia Coronica fu rimproverata per la caduta di un timbro durante la manovra di approccio al porto di Barcellona, e non permetteva alla guardia di sedersi nelle quattro ore” di turno, inoltre “non si poteva usare cellulare a fini privati”. Eppure la sera del naufragio alcuni ospiti come il maitre Tievoli “ma anche Giampedroni (commissario di bordo, ndr) lo usarono”. E infatti Schettino proprio “con il telefono di Tievoli chiamò il comandante Palombo” ha raccontato Ambrosio.

Non solo. Quella sera del 13 gennaio 2011, secondo Ambrosio, “il comandante era distratto, era al telefono con Palombo, anche se avevo finito la mia guardia, ritenni di dover riprendere il comando io così detti ordini al timoniere per iniziare l’accostata al Giglio, l’isola si stava avvicinando”. Ambrosio riferì a Schettino gli ordini dati “a gesti perché telefonava, lui mi rispose aprendo il palmo di una mano”. “Schettino – continua l’ex ufficiale della Concordia – arrivò in plancia accompagnato da una donna (la moldava Domnica Cemortan, ndr), dette ordine di passare al timone manuale, ma non pronunciò subito la frase ‘I take the conn’ che segnala il cambio di comando. Però, da come si posizionò, presumemmo che avesse assunto il comando e io pensavo di non essere più titolare della guardia”. Poi “siccome il comandante era distratto e ci avvicinavamo al Giglio, io dò ordini al timoniere”. Solo dopo, “pronuncia finalmente la frase ‘I take the conn’. Solo dopo, alle 21.39.17”, Schettino prese il comando.

Sotto il profilo più tecnico il capitano, ha riferito Ambrosio, dette poi ordini di “tenere la rotta a 290 gradi quando eravamo a 1,6 miglia dall’isola” e “fa incrementare la velocità”. La rotta successiva per l’accostata lungo il Giglio sarebbe stata a 333 gradi, ma la Concordia non la impostò mai perché alle 21.45’07” ci fu l’urto contro gli scogli delle Scole. “La carta nautica” su cui era segnata “la rotta per l’accostata al Giglio non era adeguata – ha aggiunto l’ex primo ufficiale – c’era segnato il passaggio a 0.5 miglia dall’isola, ma era insufficiente, è una carta generica, non è particolareggiata”. L’adeguatezza o meno delle carte di bordo è tra i motivi di discussione del processo. Ambrosio ha anche detto che sulla carta “alcuni punti furono cancellati dopo l’impatto con gli scogli per avere una carta nautica chiara: riportando i punti nave c’era un pasticcio di punti e dopo l’impatto la carta ci serviva per vedere se dare fondo alle ancore e dove sarebbe andata la nave”.

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