È un evento assolutamente singolare Slam X, melting di musica, spoken word, teatro e performance che si tiene a Milano, al Cox 18, in Conchetta, il 13 e 14 dicembre, organizzato da Agenzia X, una casa editrice davvero particolare, animata da uno degli intellettuali ed artisti più intensi ed originali d’Italia, Marco Philopat, e da un giovane autore, Andrea Scarabelli, che lo affianca da tempo.

Nato ormai 5 anni fa, pian piano Slam X è cresciuto ed ha incominciato a viaggiare, a uscire da Milano, approdando allo Sherwood Festival di Padova. Da quest’anno raddoppia, dedicando l’intera serata di venerdì al Premio Dubito di poesia per musica e alla presentazione del libro che ospita le opere finaliste e quelle del vincitore Gabriele Stera. E dunque ci sarò anch’io fiero di stringere in mano la mia copia di L’epoca che scrivo, la rivolta che mordo.

In realtà Slam X, pur sotto le vesti di occasione più che mai eterogenea, ha il preciso obiettivo di focalizzare l’attenzione sulla parola d’arte e sulla sua capacità di leggere il nostro presente e le sue contraddizioni. Di scoprire e svolgere una funzione in esso, pur nella coscienza dell’effimero dell’arte nei confronti della macrostruttura, ma anche certi del suo valore nell’organizzazione degli immaginari, che per molti versi, nelle società dello spettacolo possono influenzare e modificare le macrostrutture, nel loro trasformarsi in scelte, stili di vita, comunicazione, consumo, sin in modalità di lotta, poiché, oggi più che mai, la prassi inizia e si fonda nell’immaginario.

Per questo Slam X non è semplicemente un evento d’arte, ma un laboratorio di riflessione sul presente e sui suoi linguaggi; un crocevia di strade parallele che devono intersecarsi per riconoscersi e trasformarsi nella dinamicità di un fascio di forze; in un’occasione di cambiamento reale, capace di risolvere l’apparente contraddizione di un mondo costantemente, quotidianamente rivoluzionato, senza mai essere capace di essere rivoluzionario.

E così Slam X ha ogni volta un titolo e un testo, che funziona, letteralmente, da pre-testo per tutto ciò che seguirà, per le letture, le performance, la musica.

Quest’anno s’intitola Rivoluzione che non lascia indietro nessuno, quella necessità a tutti evidente di trovare il minimo comun denominatore di tante lotte e di tanti disagi che coabitano nel nostro reale, con l’obiettivo della: “creazione di un clima solidale su tutto il fronte amico, evitando la voglia di scalare una parete di roccia a strapiombo saltando sulle spalle altrui. Su quella roccia cerchiamo piuttosto di arrampicarci insieme, senza lasciare indietro nessuno. In Cox 18 non ci sono camerini né spazi riservati”.

Una volta l’avremmo chiamata un’occasione per l’arte impegnata, oggi – che non c’è più altra possibilità per l’arte che quella di impegnarsi ogni giorno in un confronto serrato con il reale per strappare ogni spazio residuo al mondo delle merci globali – è più semplicemente un evento in cui per una volta tanto a parlare del mondo non saranno politici ed economisti (che poi sono ormai sinonimi di cloni), ma artisti, persone che il mondo lo leggono sulla base di codici ben differenti.

Non ditemi non ce ne sia un assoluto bisogno.

Vi si aspetta in tanti, con noi ci saranno musicisti (De André, Garbo, Uochi Tochi, Norman Bates, Steve Piccolo e tanti altri, tra cui un’ospite segreta che promette di essere di primissima grandezza), scrittori e poeti (Girolamo De Michele, Francesca Genti, Giorgio Fontana, tra gli altri) dj’s, rapper.

Tutti insieme, cercando di iniziare a scrivere una nuova narrazione: quella della rivoluzione che non lascia indietro nessuno.

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