Davanti alla lista degli attivisti antimafia passati dall’altra parte che si allunga, il giornalista Lirio Abbate scuote il capo. Minacciato dalla mafia per quello che ha scritto e continua a scrivere, prima all’Ansa, poi nel libro “I complici” (con Peter Gomez) e ora sull’Espresso, assicura: “Non parlatemi di simboli, quelli sono Falcone, Borsellino, Giuliano, Francese. Ma dal ’92 io non ne ho più visti. Le persone che vanno in giro a dire cose contro la mafia per me non sono dei simboli. Sono persone normali che come tanti cittadini, prendono coscienza della situazione”.

Continuano le minacce di Riina al pm Di Matteo. Si può intervenire sul suo regime detentivo? 
Il 41 bis prevede incontri con altri detenuti al 41 bis. Il problema è capire perché  Riina è stato messo dall’anno scorso con questo Lorusso (Alberto Lorusso, personaggio di spicco della Sacra corona unita, ndr) che sa tutto di Cosa Nostra. E poi quando si sono accorti di quello che Riina sta facendo o sta cercando di fare, il Dap è nelle condizioni di applicare l’articolo 14 bis dell’ordinamento penitenziario al 41 bis. In questo caso si torna in isolamento in una cella, con una branda e un tavolo e non hai momenti di socialità per sei mesi”.

Il Dap lo può fare, ma non l’ha fatto?
Non risulta ci abbia provato. Poi l’avvocato di Riina può fare ricorso al tribunale di sorveglianza competente. E si può discutere se toglierlo o meno. Intanto il pm Di Matteo è stato minacciata e ha rinunciato all’udienza nell’aula bunker di Milano: è stata una sua scelta personale. 

Oggi sono state arrestate sei persone, tra cui politici e la presidente del movimento delle donne di San Luca e l’ex sindaco di San Luca
Davanti alla gente faranno fatica a chiarire questi comportamenti. Uno è un comportamento penale, l’altro è un comportamento sociale. Chi porta avanti idee contro la ‘ndrangheta deve anche comportarsi in un certo modo, deve essere corretto e lineare.

Ti capita spesso di essere invitato a iniziative anti-mafia? E’ alto il rischio di retorica?
“Bisogna scegliere bene i convegni, le iniziative a cui si partecipa. Il rischio è di trovarsi personaggi che si interfacciano con la mafia. E’ stata una mia scelta non intervistare Rosy Canale, non perché io prevedessi chissà cosa. E’ una scelta. Già tre anni fa io e don Luigi Ciotti di Libera lanciavamo un allarme: la mafia si è infiltrata nell’antimafia per avere uno scudo, per cercare di allontanare il sospetto da amministrazioni comunali. Nel libro scritto con Gomez raccontiamo la storia dell’ex presidente del consiglio comunale di Villa Abate, Francesco Campanella (ora collaboratore di giustizia, ndr) che era affiliato alla mafia (responsabile di timbri falsi sul documento che ha permesso l’espatrio di Bernardo Provenzano, ndr) e si inventò un osservatorio antimafia. Per farlo chiese l’autorizzazione proprio a Provenzano, che disse ‘benissimo, falla!”. Siamo stanchi dell’antimafia parolaia”.

E’ un rischio che vedi anche nei giornali?
Quando c’è una notizia va raccontata senza omettere nomi o personaggi: tanto di cappello ai giornali che lo fanno. Ma quante persone leggono ancora i giornali oggi? In televisione invece quanti fanno denuncia? Perchè è la televisione che forma gli italiani. In tv, ci sono direttori di testate televisive che evitano di parlare di mafia, perché per loro è un tema obsoleto.
 

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