Dubai è tornata a splendere. Dal post crisi finanziaria, quando la piccola città stato parte degli Emirati Arabi Uniti (UAE) sembrava sotterrata da una crisi irreversibile, molto è cambiato. Subito dopo il crack di Lehman Brothers del 2009 la bolla del mercato immobiliare locale si è sgonfiata causando una caduta dei prezzi di oltre il 60 per cento, mentre i debiti accumulati dal governo superavano i cento miliardi di dollari (70 miliardi di euro) e lo sceicco Mohammed bin Rashid al-Maktoum, era costretto a recarsi ad Abu Dhabi (l’emirato limitrofo dove sono concentrate la maggior parte delle risorse petrolifere della regione) per chiedere un prestito che scongiurasse una disastrosa bancarotta.

Il finanziamento è stato concesso con una serie di condizioni tra le quali, come racconta un articolo del settimanale inglese l’Economist, quella di rinominare la torre più alta del mondo, allora chiamata Burj Dubai, in Burj Khalifa, un omaggio allo sceicco di Abu Dhabi disposto a soccorrere il vicino emirato. Quei tempi sembrano ormai lontani perché il 2013 è stato per Dubai l’anno della ripresa. Le statistiche non lasciano dubbi. Negli ultimi mesi i prezzi degli immobili sono cresciuti del 40 per cento e gli investimenti esteri sono cominciati a rifluire copiosi nel paese. Tanto che per evitare una possibile nuova bolla nel caso di nuove incertezze sulla ripresa economica le autorità di Dubai hanno raddoppiato le tasse di registro sugli immobili dal 2 al 4 per cento per scoraggiare eventuali speculazioni. Nel frattempo sono state anche imposte delle limitazioni sulle concessioni di mutui al fine di limitare l’uso della leva finanziaria e rendere i progetti meno esposti alle incertezze del mercato dei capitali.

Ma a Dubai non c’è soltanto il settore immobiliare. Il porto del piccolo emirato, Jebel Ali, ha deciso di fare della sua posizione strategica a cavallo tra Asia ed Europa un punto di forza e ha di conseguenza fatto significativi investimenti per reinventarsi come polo strategico nella logistica globale. Jebel Ali è attualmente il settimo scalo al mondo per volume annuo di merce in transito, ma le previsioni per il 2030 lo danno al terzo posto, appena dietro Shangai e Singapore. In programma per il futuro prossimo c’è anche l’Expo del 2020 (il vincitore sarà annunciato in settimana, ma le possibilità per Dubai sono considerate molto alte), con un volume di potenziali investimenti ben superiore a quelli in programma per Milano 2015. 

Intanto, sempre nel 2013, la borsa di Dubai è cresciuta dell’81 per cento e la compagnia di bandiera, Emirates Airlines, ha da poco annunciato un investimento da 99 miliardi di dollari per potenziare la propria flotta e diventare così la compagnia aerea con il maggior numero di velivoli al mondo. Iniziativa collegata è quella del nuovo aeroporto Al Maktoum destinato a diventare il più trafficato al mondo, superando secondo le stime il primato di quello londinese di Heathrow. Non tutto però a Dubai è roseo. Il debito da ripagare e’ ancora li, meno gravoso, ma pur sempre consistente: un totale di 64 miliardi di dollari secondo i numeri del Fondo monetario internazionale. Per rimborsarlo l’Investment Corporation of Dubai, la holding che controlla numerosi dei grossi investimenti del paese, ha venduto un gran numero di attività ristrutturate e altrettante società controllate come Dubai World. La sfida, secondo le analisi, non sembra impossibile da superare e Dubai potrebbe essere sulla giusta strada per una maggior diversificazione ed una crescita economica più equilibrata al riparo da rischi di bolla.

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