Non è bastata l’occupazione dei banchi del governo da parte dei deputati del Movimento 5 stelle, che mercoledì avevano così bloccato il voto, a impedire l’approvazione dell’accordo internazionale Grecia-Albania-Italia per il metanodotto che dovrebbe sbarcare in Puglia. Dopo una giornata ad alta tensione, la Camera ha infatti approvato il trattato mentre i parlamentari M5s uscivano dall’aula. Il voto della Camera ratifica un accordo che prevede il contestato sbarco in Puglia, comune di Melendugno, spiaggia di San Foca, dell’ultimo tratto del metanodotto destinato a portare in Italia, e da qui in tutta Europa, il gas estratto in Azerbaijan. Al via libera definitivo ora mancano solo la valutazione di impatto ambientale della Regione, che ha solo un valore consultivo, e quella determinante del ministero dell’Ambiente. Il ministro Andrea Orlando è uomo del Pd. Ma non particolarmente vicino a Massimo D’Alema, determinante in Puglia e certo non contrario al progetto, avendo invitato tutti esplicitamente a “non spaventare i cittadini”.

Il movimento 5 stelle si è fatto portavoce in parlamento della vasta opposizione popolare al metanodotto che, per assonanza e vicinanza con il movimento dei no-Tav, è stata ribattezzata no-Tap, dall’acronimo (Trans Adriatic Pipeline) che hanno scelto come nome le grandi società che partecipano all’ambizioso progetto: gli azeri di Socar, i norvegesi di Statoil, gli inglesi di British Petroleum, ciascuna al 20 per cento, i belgi di Fluxys al 16, i francesi di Total al 10, i tedeschi di E-on al 9 e gli svizzeri di Azpo al 5 per cento. Autentica multinazionale. Nessun italiano in campo: si sa, l’Eni preferisce il gas russo. La protesta cresce da mesi e ha coinvolto le istituzioni locali: alla quindicina di Comuni che hanno detto o stanno per dire no si è aggiunta nei giorni scorsi la Provincia di Lecce con la bocciatura da parte del consiglio.

Alcune parti del progetto sono state chiarite solo di recente. Altre sono ancora oscure. Da qui l’accusa di ambientalisti e enti locali: la valutazione dell’impatto è stata fatta con superficialità. Lo sbarco in spiaggia, secondo Tap, dovrebbe avvenire con un “microtunnel” di un chilometro e mezzo che passerà sotto la spiaggia, allacciato poi a una condotta interrata che porterebbe a dieci chilometri di distanza dal mare, dove sarebbe costruita la centrale di pompaggio, quella che secondo i critici avrebbe il maggior impatto ambientale. Poi più nulla. I 58 chilometri che portano al nodo più vicino della rete Snam non sono stati ancora progettati. O almeno il progetto non è pubblico.

L’assenza di comunicazione è stata ammessa nei giorni scorsi durante un incontro con gli oppositori anche da Giampaolo Russo, ad di Tap Italia. Che poi è passato all’attacco della Regione, che finora aveva avuto un atteggiamento ondivago, scegliendo alla fine la strada del referendum popolare sulla localizzazione. Russo ha infatti accusato pubblicamente l’assessore al Territorio Angela Barbanente e quello allo Sviluppo economico Loredana Capone di aver dato l’ok al progetto un anno fa. Immediata la replica: “Falsità”. Con l’aggravante del “cattivo gusto” di citare l’ok telefonico dell’allora sindaco di Melendugno Vittorio Poti, ora scomparso.

 

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