Per anni hanno lavorato, ideando e testando prototipi altamente avanzati in un laboratorio senza finestre, nei sotterranei del Policlinico di Milano, con mezzi scarsi e pochi fondi, ma non hanno mollato e a 10 anni dall’inizio del progetto, il risultato è che si sta sperimentando, primi al mondo, un dispositivo intelligente di stimolazione cerebrale adattativa profonda, che si adatta automaticamente alle condizioni del malato di Parkinson.

A lavorarci è un team di una ventina di giovani ricercatori, dai 25 ai 40 anni, tutti formatisi all’Università Statale e al Politecnico di Milano, molti dei quali sono confluiti e hanno dato vita a Newronika, una piccola società spin off cui partecipano il Policlinico di Milano e l’Università degli Studi di Milano. Nata per non ‘perdere cervelli’, è composta da neurofisiologi, neurologi, ingegneri biomedici, neuropsicologi e bioinformatici, è titolare di brevetti, ha un bilancio in attivo, e oltre a partecipare a questa sperimentazione, realizza anche sistemi di neuromodulazione non invasiva in tutto il mondo.

Tutto è iniziato dieci anni fa, quando Alberto Priori, professore di Neurologia dell’Università degli Studi di Milano, ebbe l’idea di creare un dispositivo che migliorasse quelli attualmente in uso di dbs, ossia deep brain stimulation, cioè di stimolazione cerebrale profonda, per i malati di Parkinson. “Negli ultimi vent’anni si è usata la dbs – spiega – con l’impianto di elettrodi intracerebrali, che però, pur consentendo ai malati di avere una buona qualità di vita, non è in grado di gestire completamente le fluttuazioni tipiche della malattia di Parkinson. I pazienti in pochi minuti passano infatti da una condizione di blocco assoluto del movimento a movimenti violenti. Da qui l’idea di realizzare un sistema che non fosse regolato su un livello ‘medio’ per tutte le situazioni, ma che si adattasse alle fluttuazioni della malattia”. Al momento di presentare la domanda di brevetto del dispositivo, poi spiegato su varie riviste scientifiche tra cui ‘Experimental neurology’, ricorda Priori, “mi presero un po’ per pazzo, ma avevo due giovanissimi dottorandi con me, e siamo andati avanti. Uno dei due ora è professore negli Stati Uniti, mentre l’altro è l’amministratore delegato di Newronika”.

La società è nata proprio per evitare di perdere altri giovani formati dopo tanti anni di lavoro e fatica. “Si tratta di una delle poche realtà fatta da giovani – commenta soddisfatto Priori, che ora di anni ne ha 51 – in Italia e a Milano, ed è un’eccellenza tutta italiana. Questa spinf off è loro, le idee sono di tutti e credo sia un modo molto bello di ‘monetizzare’, in senso culturale, il grande lavoro di ricerca e formazione”. L’entusiasmo non manca, nonostante le difficoltà, come racconta Manuela Rosa, 30 anni, ingegnere biomedico e con una borsa di studio presso il Policlinico. “Non abbiamo un contratto stabile, i mezzi e i fondi sono scarsi – riconosce – ma portiamo avanti grandi progetti. La cosa più bella è vedere la fiducia con cui i pazienti durante la sperimentazione si affidano a noi, e i loro miglioramenti. Questo ci dà la forza di andare avanti. Adesso, per me, non avrebbe alcun senso andare all’estero”. A settembre è partita la prima fase della sperimentazione su dodici pazienti, che si concluderà nel primo trimestre 2014. I risultati sul primo paziente dell’applicazione di questo dispositivo sono stati appena presentati al congresso della Società italiana di Neurologia all’inizio di novembre, e sono incoraggianti. In questa prima fase i pazienti indossano un sistema esterno per 120 minuti in una giornata, e per altri due giorni viene confrontata l’efficacia di questo dispositivo con quello tradizionale. Nella seconda fase si indosserà il dispositivo per uno o più giorni, e nella terza fase verrà impiantato il sistema miniaturizzato sottocute. La sperimentazione è stata approvata anche dal ministero della Salute e finora, in questi dieci anni, la ricerca è stata pure ‘low cost’, 800mila euro, tutto compreso.

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