Quando, sia pure con 24 ore di ritardo, aveva detto di vergognarsi per aver “riso di quel giornalista che faceva il suo mestiere” pensavamo che Nichi Vendola avesse abbandonato ogni goffa velleità da arrampicatore sugli specchi. Dopo il tempo delle querele e delle mancate dimissioni pareva finalmente arrivato quello delle scuse e delle spiegazioni. Purtroppo ci sbagliavamo.

Davanti al suo consiglio regionale il governatore pugliese ci ricasca. E, tra lo stridore delle unghie, ci accusa come un Berlusconi qualsiasi di aver truccato le carte. Afferma che l’ilare e ossequiosa chiacchierata col responsabile delle relazioni esterne dell’Ilva, Girolamo Archinà, è stata montata da ilfattoquotidiano.it “allungando” il tempo delle sue risate. Sostiene che c’è stato qualche “ritocco” perché nella telefonata c’era qualche “problema”. E dice di averlo scoperto “solo stanotte perché io e il mio avvocato non avevamo il file audio di quella intercettazione”.

Vale la pena di ricordare al leader di Sinistra ecologia e libertà che il sonoro della telefonata integrale è stata pubblicato contestualmente al servizio in cui venivano mostrate le immagini della “scena fantastica” che lo aveva fatto “ridere un quarto d’ora”: spezzoni del video in cui si vede Archinà strappare il microfono a un cronista locale colpevole solo di aver posto a Emilio Riva le domande sui morti per tumore. Il servizio, in cui sono stati rispettati i tempi delle risate e della pause, è stato corredato di cartelli esplicativi e montato per rendere agevole al lettore la comprensione dell’accaduto. E, esattamente come si fa in ogni pezzo di cronaca giudiziaria, nella stessa pagina e nello stesso momento, è stato pubblicata anche la documentazione processuale originale, in questo caso l’audio integrale.

Nichi Vendola, insomma, non dice il vero. E lo fa perché se lo può permettere.

In qualsiasi democrazia matura il primo e più importante potere di controllo è rappresentato non dalla stampa o dalla magistratura. Dove la democrazia funziona a controllare l’operato di chi governa sono le opposizioni. Ma in Puglia, come in gran parte d’Italia, le opposizioni latitano. Regolarmente. Anche perché qui il centrodestra ancor più della maggioranza di sinistra è abituato ad andare a braccetto con gli inquinatori dell’Ilva.

Così il governatore può presentarsi davanti ai consiglieri regionali e accusare ilfattoquotidiano.it senza che nessuno durante otto ore di dibattito lo contraddica o presenti una mozione di sfiducia. Il capogruppo del Pdl si limita a una generica richiesta di dimissioni. Quello di Sel, Michele Losappio, più volte intercettato con Archinà, ovviamente lo difende. Ma finisce per strafare e definisce il nostro scoop “una cosa organizzata da estremisti grillini”. Gli altri non parlano o parlano (quasi) d’altro. I consiglieri stanno ben attenti a non chiedere perché dagli atti depositati nell’inchiesta che vede Vendola indagato per concussione emergano molti particolari curiosi. Per esempio decine e decine di amichevoli telefonate del responsabile delle relazioni esterne Ilva a politici di ogni colore, ordine e grado, più un singolare sms inviato alla vigilia di Pasqua 2010 da Onofrio Introna, attuale presidente del consiglio regionale: “Ringrazio per il prezioso sostegno alla mia rielezione”.

Non sarà per particolari come questi che la politica in Italia demanda ormai regolarmente alla magistratura il compito di selezionare le proprie classi dirigenti? Il dubbio viene. A scioglierlo a questo punto può essere solo Nichi Vendola. In pubblico gli rinnoviamo l’invito che i nostri giornalisti gli hanno già fatto pervenire in privato: venga alla web tv del Fatto per discutere in diretta streaming di Ilva e di libertà cronaca, di comportamenti e non di reati. Non lo aggrediremo, ne può star certo. Il microfono non gli verrà strappato.  Senza risate abbiamo solo qualche civile ed educata domanda da porgli.

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