Enrico Letta risponde al “papà coraggio” della strage di Viareggio Marco Piagentini. Le parole del presidente del Consiglio arrivano dopo che Piagentini ieri ha reso pubblica la lettera che gli aveva indirizzato privatamente il 14 novembre chiedendo di ripensare il suo “atto insulso e vigliacco”, cioè la decisione di Palazzo Chigi di accettare una transazione economica e non far costituire lo Stato come parte civile nel processo per il disastro ferroviario del 29 giugno 2009, costato la vita a 32 persone, tra cui la moglie di Piagentini, Stefania, 39 anni, e due suoi figli, Luca e Lorenzo, 5 e 2 anni. Così il capo del governo affida la sua risposta al Tirreno. Peraltro Letta non nomina mai Stefania, Luca e Lorenzo nella sua risposta, che del resto, nemmeno è indirizzata a Piagentini: inizia infatti con un “caro direttore”.

“Ecco perché non siamo parte civile”
“Anzitutto – scrive Letta – una premessa doverosa. La costituzione di parte civile delle amministrazioni statali, quale è la Presidenza del Consiglio, nel processo penale non serve ad assicurare l’accertamento della verità e delle responsabilità. Ciò compete solo ed esclusivamente all’azione esercitata, davanti al giudice e col doveroso rigore, dal Pubblico Ministero”. “In secondo luogo – continua il presidente del Consiglio – la costituzione di parte civile da parte di un’amministrazione pubblica non può essere utilizzata per ottenere il ristoro dei danni e delle sofferenze patite dalle vittime. Anche questo, volenti o nolenti, è un dato di fatto. La costituzione di parte civile può essere unicamente diretta a ottenere il risarcimento dei danni che l’amministrazione medesima ha subito a causa dei fatti di reato contestati. Penso, ad esempio, alle spese sostenute, dopo questi tragici eventi, dalla Protezione civile o dal Ministero dell’ambiente”.

Piagentini decide di non rispondere. Si ritira di nuovo nel silenzio dignitoso e indignato tenuto dal 2009 e interrotto solo dalla lettera di una settimana fa. Per lui replica Daniela Rombi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime “Il mondo che vorrei” e mamma di Emanuela Menichetti, morta a 21 anni dopo oltre 40 giorni di agonia. “Marco innanzitutto ha scritto privatamente, si è trovato costretto a rendere pubblica la lettera per vedersi rispondere – spiega la Rombi al fattoquotidiano.it – E Letta avrebbe dovuto fare altrettanto. E’ vero quello che Letta dice, sappiamo tutti che la giustizia deve essere fatta da un collegio di giudici. Ma costituirsi parte civile sarebbe stato un gesto di vicinanza e solidarietà, restare nel processo per noi avrebbe significato tantissimo. La non costituzione di parte civile è una scelta ben precisa. Lo è pure la scelta di accettare l’offerta dei soldi, a cui lo Stato, come facciamo noi da 4 anni, avrebbe potuto rispondere ‘no grazie’, perché quello che noi stiamo affrontando non è un processo per avere i soldi. Vogliamo stare dentro il processo, perché vengano fuori verità e giustizia per tutto il popolo italiano che si trova ancora a vedersi passare davanti casa questi treni bomba. Lo Stato ha accettato il mero denaro ed economicamente sono a posto. Ma moralmente come sono?”.

La risposta di Letta, dunque, diventa un boomerang agli occhi dei familiari delle vittime della strage di 4 anni fa: “Avrei capito di più se fosse stata una scelta della Protezione civile o del Ministero dell’ambiente – continua Daniela Rombi – ma non lo capiamo assolutamente da una presidenza del Consiglio. Queste cose il presidente Letta può raccontarle agli italiani che non sanno niente della strage né di un processo penale e civile, ma non a noi, che ci viviamo dentro e che siamo diventati mezzi avvocati, mezzi ingegneri, mezzi macchinisti, non può”.

La mamma di Emanuela ha una domanda: “Durante tutti questi mesi dell’udienza preliminare, gli avvocati di Stato erano presenti a ogni udienza: perché non si sono mai costituiti parte civile? Oppure avrebbero potuto fare come l’amministrazione comunale: prendere un tot di risarcimento e per un altro tot rimanere dentro il processo. Un escamotage bruttissimo, ma meno criticabile della scelta fatta”. Infine precisa: “Vogliamo dire che la Regione Toscana e la Provincia di Lucca non hanno accettato un euro e sono sempre al nostro fianco nel processo. Che lo Stato non dica che vuole verità e giustizia: perché non è vero. Hanno messo nero su bianco che non gli interessa e che siamo soli in questa battaglia”.

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