Il caso Cancellieri, che si sarebbe già dovuto risolvere con “onorevoli dimissioni”  della Guardasigilli, si sta aggrovigliando sempre più pericolosamente per un Pd scombussolato dal passaggio ormai scontato alla segreteria di Renzi e alle prese con le sue tragicomiche peripezie interne.

Dalla difesa granitica del ministro sul solco tracciato con protervia da Giorgio Napolitano, che si è spinto ad un elogio inusuale alla procura di Torino per non averla iscritta nel registro degli indagati, il Pd nell’arco di due settimane è passato, almeno a parole, alla posizione opposta ma, finora, senza assumersene la responsabilità politica.

Ovviamente l’input l’ha dato Matteo Renzi quando a Servizio Pubblico ha dichiarato, dopo che i suoi avevano già fatto un mezzo dietrofront, e sotto la spinta dell’opinione pubblica che “per motivi di opportunità” era meglio che il ministro si dimettesse. E ha ribadito il concetto a 48 ore dalla discussione e votazione sulla mozione di sfiducia individuale presentata dal M5S, precisando che “la sua autorevolezza” risulta comunque incrinata  “indipendentemente dall’invio di un avviso di garanzia”. 

Dopo le parole finalmente inequivoco che di Renzi che intanto ha vinto con un margine non irrilevante le primarie tra gli iscritti e si è attirato le ire più che manifeste di D’Alema, le posizioni riguardo il caso Cancellieri dei competitori alla carica di segretario, incluso lo stesso Cuperlo che pure mette in guardia nei confronti dei “solisti” come Civati, sono diventate molto più critiche.

Ora alla vigilia del voto in aula sulla sfiducia individuale il Pd deve prendere, nell’assemblea dei gruppi parlamentari una posizione chiara sulla mozione di sfiducia di Pippo Civati già firmata da 15 rappresentanti del Pd tra Camera e Senato.

Per non essere accusato, come è già avvenuto, di prendere iniziative individuali e personalistiche, Civati infatti non ha ancora presentato la sua mozione alla Camera. Insomma a meno di 24 ore dall’appuntamento al quale la Cancellieri vuole presentarsi come inappuntabile, rivendicando la sua consuetudine familiare con i Ligresti e soprattutto negando di aver omesso alcunché ai magistrati e al Parlamento, il maggiore partito di Governo, dopo la scissione in casa dei berluscones, non ha una posizione chiara, né tantomeno coerente. E su questa debolezza poggia in buona parte la sicumera del ministro, la pervicacia a tenerla comunque al suo posto di Giorgio Napolitano, la “blindatura” di Letta.

E questo risultato è paradossale per chi abbia come unico e rilevante interesse che alla Giustizia ci sia un ministro inappuntabile sotto il profilo della correttezza e che sia almeno un po’ meno peggio della triste sequenza dei precedenti. Tanto più che dopo la resa dei conti, almeno temporanea, tra “governativi” e “lealisti”  appare più che improbabile che a succedere alla Cancellieri possa essere un ever green di stretta osservanza berlusconiana come Nitto Palma o omologhi.

Se Grillo, che  ha tenuto da subito e da sempre una posizione chiara e coerente, ha commentato a proposito degli slalom del Pd per non convergere sulla mozione di sfiducia del M5S che si tratta di “una logica da manuale del perfetto idiota” per una volta non è stato eccessivo.

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