A sorpresa, la Banca centrale europea ha tagliato il tasso di riferimento principale di Eurolandia di 25 punti base, portandolo allo 0,25 per cento. Si tratta del livello più basso di sempre con l’ultima sforbiciata che risale allo scorso maggio, quando il tasso era stato ridotto di un quarto di punto allo 0,5%, anch’esso un minimo storico. La decisione di ritoccare il costo del denaro è stata accolta positivamente dal Fondo monetario internazionale che continua a mettere in guardia il Vecchio Continente, afflitto da un’elevata inflazione e da una lentissima crescita.

Tanto che il presidente della Bce, Mario Draghi, nella consueta conferenza stampa che segue il consiglio direttivo di Francoforte, ha spiegato che “portare il tasso allo 0,25% non solo rappresenta una decisione efficace”, ma che la Bce è pronta “a usare tutti gli strumenti a disposizione” per sostenere l’Eurozona. In altre parole, i tassi di riferimento potrebbero rimanere bassi ancora a lungo. Decisioni di politica monetaria evidentemente importanti per curare lo stato di salute malandato di Eurolandia, ancora alle prese con tutte le difficoltà del credit crunch. Va, infatti, ricordato che tra le conseguenze più dirette del taglio del costo del denaro c’è la conferma per le banche dell’azzeramento dei rendimenti sulla liquidità in deposito presso l’istituto di Francoforte.

Se gli istituti di credito, cioè, lasciano i soldi nella pancia della Bce per non esporsi a rischi non ci guadagnano nulla. Ma, tuttavia, non bisogna neanche pensare che queste notizie di macroeconomia incidano poco sulla vita quotidiana. Tutt’altro. La sforbiciata del tasso ha anche conseguenze spiacevoli per i possessori dei titoli di Stato e dei conti deposito e più che positive, invece, per gli italiani che hanno sottoscritto un mutuo per la casa agganciato al tasso Bce.

Chi ci guadagna
I più avvantaggiati sono i mutuatari che hanno deciso di accendere un prestito per la casa agganciandolo al tasso ufficiale Bce, anziché ai tradizionali Euribor (il tasso di riferimento del mutuo variabile) ed Eurirs (valido per il fisso). Si tratta però soltanto di una manciata di fortunati, visto che sono appena il 2% di tutti i sottoscrittori di mutuo.

Perché un numero così esiguo?
Detto che il tasso Bce è stato lanciato nel 2009 in piena crisi e con l’Euribor che viaggiava oltre il 5%, fu un decreto a imporre alle banche di offrire anche questo prodotto in grado di garantire maggiore trasparenza e minor volatilità, proprio perché legato alle decisioni della Banca centrale europea. Ma da allora gli istituti di credito non hanno mai fatto nulla per sponsorizzarlo molto. Ora, secondo i calcoli di Adusbef-Federconsumatori, chi ha un mutuo da 150mila euro da restituire in 25 anni potrà risparmiare fino ai 20 euro al mese. Una bella somma se si considera il risparmio su dodici mesi. Un gruzzoletto che, comunque, non raggiunge quello che stanno ottenendo i mutuatari che hanno optato dal 2009 ad oggi per un mutuo a tasso variabile.

L’Euribor risulta, infatti, ancora più basso del tasso Bce. In primis, meglio ricordare che i due tassi sono correlati: alle modifiche del tasso Bce, reagisce poi di conseguenza l’Euribor, visto che quest’ultimo rappresenta la media del tasso a cui le banche si prestano i soldi tra loro. E che, poi, viene utilizzato nella maggior parte dei mutui per calcolare la componente variabile dello stesso prestito. Quella fissa è, invece, data dallo spread, vale a dire il guadagno della banca. L’Euribor, nonostante il taglio record del costo del denaro, risulta ancora più basso: il tasso a tre mesi (il più diffuso) è fissato allo 0,22%. Con le previsioni per i prossimi anni che danno l’Euribor sotto la soglia dello 0,4% fino alla fine del 2014. Valori talmente bassi che la decisione di Francoforte non dovrebbe, quindi, avere ulteriori conseguenze sui mutui variabili.

I mutuatari che, invece, hanno deciso di contrarre un prestito a tasso fisso non sono interessati da queste decisioni, dal momento che la loro rata viene stabilita in sede di rogito e resta la stessa per tutta la durata del mutuo. E per quanti dovranno sottoscrivere nelle prossime settimane un prestito per la casa cosa cambia? La prospettiva dovrebbe essere positiva: le banche potrebbero continuare a ridurre lo spread, calcolando che quello applicato a un mutuo variabile in queste settimane viaggia intorno al 3%, mentre per il fisso si supera il 4%.

Chi ci perde
Cattive notizie per i risparmiatori che hanno deciso di parcheggiare i propri risparmi in Bot e in conti deposito. Il taglio del costo del denaro ha, infatti, causato la discesa dei rendimenti dei titoli di Stato. Tanto che durante la prima asta dei Bot annuali, successiva alla decisione della Bce, i tassi hanno toccato il minimo storico dello 0,688%, un livello mai toccato dall’introduzione dell’euro.

È giunto al termine anche il momento magico dei conti deposito, considerato un investimento più sicuro rispetto agli altalenanti titoli di Borsa. La fine è stata segnata non tanto per i recenti casi di cronaca giudiziaria che hanno caratterizzato alcuni tra gli istituti bancari che offrivano i maggiori tassi di interesse (Banche Marche o Mps), quanto per il ridimensionamento del vantaggio remunerativo che sono in grado di offrire. Se fino alla fine del 2012 – secondo Altroconsumo – il tasso medio netto del conto deposito era pari al 3,2%, in questi giorni sono molto pochi i prodotti che riescono a superare il muro dell’1%. Ed ora l’esiguo guadagno sui depositi rischia addirittura di vedersi ulteriormente eroso, visto che le banche offriranno ai propri clienti tassi ancora più bassi per vincolare i loro risparmi.

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