All’indomani del violento quanto farsesco sgombero della residenza studentesca autogestita “Verdi 15”, venerdì scorso studentesse e studenti dell’Università e del Politecnico di Torino hanno unito le forze e insieme hanno riaperto una mensa dell’Ente regionale per il diritto allo studio (Edisu). Da giugno il servizio mensa era sospeso e i locali inutilizzati a causa del crollo dell’utenza, crollo peraltro dovuto all’aumento della tariffa minima dei pasti imposta dall’Edisu stesso. Gli studenti si sono subito rimboccati le maniche e nel giro di qualche ora di intenso lavoro hanno riattivato le cucine. Hanno già cominciato a preparare pasti caldi a pranzo e a cena, allo stesso prezzo minimo vigente prima degli aumenti: inoltre tengono aperti i locali anche fuori dai pasti, affinché servano da sala studio e da punto di incontro per riunioni e dibattiti.

Uno dei motivi che ha spinto gli studenti a questo passo è l’urgenza del bisogno: il taglio al diritto allo studio è uno sport nazionale, e in Piemonte la giunta leghista di Roberto Cota ormai da tempo punta a vincere il campionato. In tre anni ha più che dimezzato i fondi, portandoli dai 26 milioni di euro dell’anno 2009 ai circa 10 milioni previsti per l’anno in corso. Per migliaia di studenti questo è un colpo micidiale, ma la perdita di tanti potenziali iscritti colpisce anche i due atenei torinesi e tutta la città. Il lungimirante sindaco Piero Fassino fa un gran parlare di “capitale della cultura” ma quando si tratta di fare qualcosa di concreto non muove un grissino. Uno spazio restituito all’uso, una soluzione collettiva e autogestita alle carenze del servizio pubblico è già una buona notizia.

Però l’assemblea che ha riaperto e gestisce questa Mensa Liberata si propone qualcosa di più di un servizio caritatevole: ha preso l’iniziativa per fare richieste politiche, pubbliche e chiare. Non chiede solo il rifinanziamento immediato del diritto allo studio, chiede anche la fine di ogni discriminazione “meritocratica” tra gli studenti in corso che soddisfano i criteri di reddito, come la contestatissima soglia minima di “merito” sulla media dei voti. Introdotta (unico caso in Italia) per diminuire artificialmente e drasticamente il numero degli studenti aventi diritto alla borsa, la soglia minima è servita per contrabbandare i tagli come “selezione degli eccellenti”, che va tanto di moda.

Infine, l’assemblea pensa anche ai lavoratori e lavoratrici delle cooperative delle mense chiedendo per loro contratti più stabili, rifiutando l’esternalizzazione dei servizi e l’onnipresente precarietà. Il presidente dell’Edisu Umberto Trabucco si è subito detto pronto a sporgere denuncia contro gli occupanti, rei di fornire un servizio che il suo ente non è stato in grado di garantire. Io credo invece che attualmente la mensa sia in ottime mani: gli studenti non sono lì per devastare i locali, ma per cucinarvi pasti e diritti. Presidente Trabucco, si rilegga lo statuto dell’Edisu, in particolare l’articolo intitolato “Finalità”, e scoprirà che gli studenti stanno facendo proprio quello che dovrebbe fare l’ente da lei diretto. E se poi vuole ancora  denunciare qualcuno, allora denunci politicamente il presidente Roberto Cota, la giunta regionale e tutti coloro che per garantirsi soldi e potere impediscono alle nuove generazioni di conoscere, capire e cambiare il mondo in cui viviamo.

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