Sabato 2 novembre sono stato sulla tomba dimenticata di Pier Paolo Pasolini. Ero a Pordenone e l’amico regista Ivan Vadori, mi ha invitato a Casarsa della Delizia, il minuscolo paese del Friuli-Venezia Giulia dove  Pasolini riposa, nell’oblio dei tanti, accanto alla mamma, la maestra Susanna Colussi.

Sabato era il giorno dell’anniversario della sua morte ma al cimitero di Casarsa ho trovato quasi nessuno che facesse memoria. Al mattino i responsabili del Centro Studi di Casarsa e il sindaco hanno reso omaggio al maestro con un momento di silenzioso raccoglimento.  

Pasolini_tombaSulla tomba, una semplice lastra di granito con inciso il nome e l’anno di nascita e morte, un mazzo di margherite della Provincia, un vaso di ciclamini e due rose, una gialla e una rossa. Forse, voleva così il maestro. Dopo una vita travagliata e appassionata, voleva continuare a “vivere” senza troppi riflettori in quel “vecchio borgo …grigio e immerso nella più sorda penombra di pioggia, popolato a stante da antiquate figure di contadini e intronato dal suono senza tempo della campana”.

Ma noi non possiamo dimenticare Pasolini. Davanti alla sua tomba mi sono chiesto: quanti libri ti hanno fatto leggere a scuola di Pasolini? Chi te l’ha fatto conoscere? Perché nelle nostre scuole, magari anche già alla primaria o alla secondaria di primo grado, non si legge Pasolini? Come mai i nostri ragazzi non lo conoscono?

Nessuno a scuola mi aveva parlato di Pasolini. Alle medie la solita stanca narrativa per ragazzi. Alle superiori I promessi sposi, Leonardo Sciascia ma Pasolini, no.

Forse resta un autore troppo scomodo? Eppure mi piacerebbe un giorno entrare in una classe delle medie (o anche una quinta della primaria) e iniziare la lezione leggendo ad alta voce le pagine di L’odore dell’India, nato da un viaggio del 1961 con Alberto Moravia ed Elsa Morante oppure alle superiori, discutere con i giovani di Ragazzi di vita, proprio in questi giorni in cui si parla tanto di adolescenti del sottoproletariato romano che vendono il loro corpo. Forse l’Italia non è cambiata più di tanto.

Dovremmo portare i nostri ragazzi a Casarsa, “costringere” le istituzioni a far vivere ancor più il Centro a lui dedicato (aperto solo il pomeriggio dal lunedì al venerdì, immagino con grandi sforzi), realizzato nella casa materna ove ha trascorso le sue estati e il periodo della guerra.

A chi fa l’insegnante o a chi lo vuol fare, farà bene passare a Versuta, la piccola frazione di Casarsa dove la madre e Pasolini scampati ai bombardamenti dell’autunno del 1944, trovarono rifugio in una specie di granaio che il maestro chiamava “rifugio per i libri”: “A Versuta – scriveva Pasolini – c’erano una ventina di ragazzi che non potevano a causa dei pericoli, frequentare la scuola di San Giovanni: io e mia madre divenimmo i loro maestri”.

Forse dovremmo iniziare a non fare solo gite a Parigi e a Praga ma anche a Casarsa e Versuta, a Longarone ed Erto, a Barbiana e Marzabotto. Perché la memoria in Italia non duri quanto un orgasmo.

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