E’ in atto da qualche tempo negli Usa una sordida guerra ideologica, non dichiarata, ma ormai ben visibile, tra la classe ultra-benestante del paese e quella, soprattutto, dei più indigenti. Appare molto singolare e senza giustificazione una guerra che viene condotta dai più ricchi contro i più poveri. Non è però uno studio retorico quello che vuole analizzare lo spostamento della ricchezza tra le fasce della popolazione. Esso evidenzia, a grandi linee, la direzione sociale che il paese percorre, e quindi è in grado di disegnare, in bozza almeno, il futuro sociale ed economico a medio termine del paese stesso.

E’ tipico di questi tempi analizzare, anche in dettaglio, l’andamento dei flussi economici del paese ed i riflessi indotti, in termini soprattutto finanziari, sul suo futuro immediato e di medio periodo. Sfugge però quasi sempre a queste analisi l’impatto di una variabile troppo spesso trascurata: quella della distribuzione della ricchezza all’interno del paese.

L’economista, e il politico soprattutto, attento e responsabile, non si ferma all’analisi del Pil. Se la crescita (quando c’è ovviamente) viene assorbita tutta o quasi da chi è già ricco, il paese nel suo insieme non può che perdere comunque competitività, in un mondo globalizzato, rispetto agli altri paesi dove invece la crescita viene ripartita con maggiore equilibrio o almeno facendo comunque crescere anche le fasce che prima erano in povertà.

Quella del paragrafo precedente è, sostanzialmente, la conclusione dell’analisi macroeconomica a cui conducono le poitiche economiche dell’ultimo ventennio di (più o meno) tutte le maggiori economie del globo. Una analisi sulla quale concordano molti economisti anche molto affermati. Come Paul Krugman p. es. che ha titolato il suo articolo di giovedì scorso sul NYT: “A war on the poor” (una guerra ai poveri), ma appena un mese fa già scriveva in un altro articolo sullo stesso argomento: “Free to be hungry” (liberi di essere affamati) mettendo così in evidenza l’assurdità di operare ferocemente i tagli alle spese proprio in quei comparti di spesa che maggiormente abbisognano di sostegno.

Nel caso specifico Krugman castiga i politici (soprattutto quelli di fede repubblicana) per la loro miopia economica nell’indirizzare i tagli di spesa derivanti dal “Sequester” (l’accordo bipartisan del 2011 sui tagli alla spesa pubblica per ridurre il debito – ndr) anche al rifinanziamento degli S.N.A.P. – Supplemental Nutritional Assistance Program, più conosciuti a livello popolare come “food stamps” (buoni pasto), ovvero a quei buoni per l’acquisto di prodotti alimentari o di prima necessità che lo Stato americano garantisce alla propria popolazione in stato di necessità (calcolata secondo complicate tabelle di graduazione anche famigliare).

La maggiore quota di rifinanziamento di questa legge (circa 80/mld di dollari) avviata nel 2009 come risposta alla crisi, è ricaduta anch’essa sotto la tagliola del “sequester”, quindi a partire da questo mese parecchie famiglie americane, già in stato di indigenza, si troveranno in una situazione di necessità ancora maggiore (inutile precisare quali necessità, dato che si tratta di rinunciare a beni di prima necessità). Ma è una proccupazione che si estende anche ai piccoli commercianti delle stesse aree povere, perché vedranno anche loro ridursi la loro modesta fonte di sussistenza, innescando così un ciclo recessivo di cui assolutamente il paese non ha proprio bisogno in questo momento.

Già, il paese. Ma non è così  per il partito repubblicano. Essi sono invece alla disperata ricerca di qualcosa che consenta loro di vincere le prossime elezioni di medio-termine (novembre 2014). E cosa c’è di meglio che un partito democratico di nuovo in recessione dopo 6 anni di amministrazione Obama?
Infatti è da sei anni che fanno di tutto per impedire ai democratici di fare tutto ciò che sarebbe possibile fare per uscire in fretta dalla crisi.

Un calcolo politico insomma. Per niente raro nelle dispute politiche, ma raramente così squilibrato e sfrontato nella mira su quali soggetti colpire per arrivare allo scopo.

Dice Krugman: “E’ impossibile riconoscere nell’attuale partito repubblicano il vero GOP (Grand Old Party) che nel secolo scorso ancora auspicava –per uscire dalla depressione- un pieno ricovero del livello occupazionale”. Oggi lo stesso partito sostiene che “Bisogna essere molto cauti nell’aiutare gli indigenti, perché se si abituano a vivere di sussidi, non troveranno mai l’incentivo necessario a trovarsi un lavoro”. Concetto che, ovviamente, contiene un fondo di verità, ma anche di grettezza e, come abbiamo visto sopra, di falsità perché nasconde una convenienza politica.

Ci sono, è inutile negarlo, i fannulloni e gli sfaccendati che si adattano a fare i miserabili piuttosto che darsi da fare a lavorare, ma dire che tutti quelli senza lavoro sono così è di una gravità estrema. Ed è persino un insulto verso chi è rimasto vittima di un sistema che, per l’avidità di chi ha pensato solo ad arricchire profittando di un sistema finanziario perverso, si trova ora doppiamente penalizzato solo perché stritolato nelle mire politiche di plutocrati senza scrupoli.

Abbiamo visto il governo (prima con Bush, repubblicano e poi con Obama, democratico) spendere centinaia di miliardi di dollari per sostenere le mega-banche, e persino le compagnie petrolifere, che non ne hanno assolutamente bisogno (con la scusa che il piano energetico nazionale è d’importanza strategica). Ma quando si tratta di spendere qualche “spicciolo” per i buoni pasto dei disoccupati o la merendina degli asili nido o la cura di anziani senza l’assicurazione medica, allora arriva il rigore ipocrita dei politici da strapazzo.

Sono 80 miliardi il finanziamento “sequestrato” su questa voce di spesa dalla austerity decisa nel 2011. Niente, al confronto con i trilioni bruciati dalle guerre inutili di Bush e dalle speculazioni finanziarie delle banche. Tuttavia non mancano mai di dare la colpa ai “fannulloni” che pretendono di mangiare gratis a spese dello Stato.

Forse un briciolo residuo di coscienza ha indotto i due partiti a incontrarsi per ridiscutere questi tagli, ma subito riemerge come al solito la convenienza politica. I democratici vorrebbero destinare il rifinanziamento ai più bisognosi, i repubblicani vorrebbero darlo invece integralmennte ai “rurali”, cioè i coltivatori. Tra i quali pochissimi ne hanno veramente bisogno, ma hanno la prerogativa di votare in grande maggioranza proprio ai “conservatori” del partito repubblicano. Così riparte la manfrina politica mentre il popolo soffre.

C’è qualcuno che può onestamente sostenere che questa crisi si è formata per colpa della eccessiva spesa sui “buoni pasto”? Credo proprio di no. Eppure è proprio quello che certi plutocrati vorrebbero far credere.

Chiunque può concludere che non è l’interesse del paese a guidarli, ma è l’interesse del loro partito e, in grande misura, il loro stesso interesse personale (in quanto politici) a condizionare ogni strategia politica ed economica. Sarà la popolazione, come al solito, a farne le spese.

 

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