Esce dall’hotel Baglioni accompagnata da una scorta monumentale, Aung San Suu Kyi, il Nobel birmano per la Pace giunto a Bologna per ricevere la cittadinanza onoraria e la laurea ad honorem che l’Alma Mater le assegna in Filosofia. Abito azzurro, un fiore tra i capelli, 68 anni portati con tutta la naturalezza e levità della spiritualità buddista, il simbolo mondiale della lotta politica non violenta entra a Palazzo d’Accursio per ritirare l’onorificenza che riposa nei cassetti del Comune dal 2008, quando ancora la leader politica della Birmania si trovava agli arresti domiciliari nel suo paese, impossibilitata a muoversi a causa dei provvedimenti restrittivi della giunta militare.

Video di Giulia Zaccariello

Poca commozione e molto orgoglio per il sindaco Merola, i consiglieri comunali, l’ex sindaco Cofferati, e le deputate Sandra Zampa e Albertina Soliani presenti in aula assieme ad almeno un centinaio di cittadini. Poche anzi totalmente assenti dentro e fuori la sala bandiere e stendardi tibetani o per la pace. Cambiano le epoche e si modificano le mode, perché sono tutti flash e braccia allungate verso l’alto con iPhone e iPad a immortalare l’evento.

Il professor Gianni Sofri, che da consigliere comunale del Pd nel 2008, assieme all’omologo Foschini del Pdl, propose la cittadinanza onoraria alla leader della Lega Nazionale della Democrazia, spiega subito ai convenuti: “E’ una grande gioia vedere Aung San Suu Kyi libera. Lei è portatrice di valori universali come la pace e la lotta politica non violenta che possono trasformare la nostra vita: pensiamo al pensiero di Gandhi, Martin Luther King, Mandela, Solidarnosc, la resistenza civile norvegese contro i nazisti, i giovani della Primavera di Pechino nell’89”.

“Ringrazio dell’affetto l’Italia e Bologna”, esordisce nel suo intervento la Nobel birmana, “anche il Dalai Lama me l’ha detto: non sei mai stata sola nella tua lotta per la pace e la libertà”. “Ho sentito dire che governare l’Italia è più difficile che governare la Birmania” – continua- “non saprei rispondere ma ritengo che l’importante è che in ogni luogo della terra la democrazia contenga la capacità di riconoscere il disaccordo di qualcuno. Solo così sarà possibile la riconciliazione”.

“Per mantenere la democrazia bisogna combattere quotidianamente”, conclude, “in Birmania come in tutti i paesi del mondo, questo è un percorso continuo, una strada che prosegue e che non ha mai fine. E proprio perché bene e male convivono in ognuno di noi, la democrazia deve contenere un eguale equilibrio tra libertà e sicurezza. Non si è liberi se non si è sicuri. Soprattutto in Birmania ciò che è mancato non è stata tanto la libertà di pensiero, ma la possibilità di sentirsi liberi e sicuri anche dopo aver espresso le proprie idee”.

La laurea ad honorem in filosofia. In tarda mattinata, Aung San Suu Kyi è stata poi accolta con tutte le tradizionali formalità nell’aula magna dell’università di Bologna, gremita di personalità istituzionali, civili e religiose, per ricevere la laurea ad honorem in Filosofia, già proposta nel 2000 dall’allora rettore Walter Tega. “La Sua presenza qui oggi, tra le tante parole possibili, ne evoca e sollecita una sopra tutte: libertà”, ha affermato nel discorso ufficiale l’attuale rettore Ivano Dionigi, “Parola una e insieme plurima, perché c’è una libertà da e una libertà di. C’è la libertà dai nemici della democrazia, dall’abuso dei più forti. Ma c’è anche la libertà interiore dai giudizi altrui, dai pregiudizi propri, e soprattutto, come lei ci ha insegnato, dalla paura, individuale e collettiva. Paura di vivere e di morire, dell’oggi e del domani, di non farcela per sé, per i propri cari, per il proprio popolo”.

“La laureiamo in filosofia – ha continuato – perché la filosofia è sapere esistenziale, meditante, rivoluzionario. Arte che si occupa della realtà, della durezza e della difficile bellezza della vita. Le auguriamo che il futuro sia con lei e con il suo popolo”.

Così dopo il rito medioevale della consegna della laurea, con tanto di anello e consegna del libro prima chiuso e poi aperto come da tradizione, il premio Nobel per la Pace ha immediatamente aggiunto: “Nella politica sono molto importanti i mezzi e gli strumenti con cui si ottengono i fini prefissati. In questo è molto importante la pratica morale e spirituale. Solo così possiamo ottenere una vera rivoluzione dello spirito.

E ancora ha ribadito che non è interessata alla “condanna” dei dittatori tiranni che l’hanno costretta ad una vita in esilio, poi in carcere e infine costretta al silenzio, ma alla “riconciliazione”: “Nonostante quello che hanno fatto a me e a mio padre, non ho mai davvero odiato i militari – ha spiegato – Ora infatti non è il tempo dell’amarezza o di rivangare nel nostro doloroso passato. Abbiamo l’opportunità di andare avanti insieme. Dal mondo ci incoraggiano, ce la faremo”.

Infine, prima di uscire dall’antica struttura medioevale incastonata nel centro città, Aung San Suu Kyi ha prima salutato gli unici tre monaci italiani buddisti ordinati in Birmania ora residenti in un monastero di Lerici, ed è poi passata di fianco all’aula absidale dove alcune centinaia di studenti stavano seguendo la diretta streaming mettendosi a dialogare con alcuni di loro: “Il futuro del mondo è nelle vostre mani”.

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