Una bottiglia di benzina davanti alla Procura generale di Reggio Calabria. Le cosche tornano a farsi sentire. Di sicuro c’è solo che la squadra mobile ha già arrestato il soggetto che ha portato a termine l’intimidazione. Almeno per poche ore, la città dello Stretto ha rivissuto la notte del 3 gennaio 2010. Nello stesso punto dove, quasi 4 anni fa, è stata piazzata la bomba che ha aperto la stagione degli attentati alla magistratura reggina, intorno alle 23 di ieri un uomo ha lasciato una bottiglia di benzina. Un gesto chiaro consumato in via Cimino. Un messaggio che, se inviato dalla ‘ndrangheta, lo si saprà nel giro di poche ore. Le due telecamere della Procura generale hanno ripreso la scena di un uomo che, a volto scoperto, si è avvicinato al portone dell’ufficio giudiziario. Sul pianerottolo ha abbandonato la bottiglia di benzina e si è allontanato. Una terza telecamera, inoltre, ha filmato un’auto a bordo della quale sarebbe salito il soggetto che, industurbato, ha abbandonato la bottiglia di benzina a non più di dieci metri dalla camionetta dell’esercito che, 24 ore su 24, presidia gli uffici della Procura generale e il Tribunale di Reggio Calabria. Una misura di sicurezza disposta dopo gli attentati del 2010 quando, oltre alla bomba di via Cimino, è esploso un ordigno sotto l’abitazione del procuratore generale Salvatore Di Landro ed è stato fatto ritrovare un bazooka nei pressi della sede della Direzione distrettuale antimafia.

Accanto alla bottiglia di benzina, è stato rinvenuto anche un accendino, altro elemento che lascia pensare a una vera e propria sfida allo Stato e alla magistratura. Non è escluso, infatti, che nel progetto intimidatorio quell’accendino sarebbe servito per dare fuoco al portone e amplificare ancora di più un gesto che sa non solo di ‘ndrangheta ma anche di un qualcosa di terribilmente impalpabile quanto puntuale nel ricordare a tutti “chi comanda a Reggio”.

A dare l’allarme, è stata una telefonata anonima partita da una cabina telefonica di Santa Caterina, nei pressi dello svincolo dell’autostrada.

Sul posto sono arrivati i vertici della questura, dei carabinieri e della guardia di finanza. Mentre la polizia scientifica ha eseguito i rilievi per verificare eventuali impronte digitali, per tutta la notte sono stati eseguiti controlli e perquisizioni nelle abitazioni di pericolosi pregiudicati che potrebbero essere collegati all’intimidazione. Per qualche ora la tensione è stata altissima. È partita una caccia all’uomo che si è conclusa nel giro di poche ore. Gli uomini della squadra mobile, infatti, hanno individuato il responsabile, lo hanno identificato e, in mattinata, è stato arrestato.

Sul luogo dell’intimidazione sono intervenuti il procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza e il procuratore generale Salvatore Di Landro. Proprio quest’ultimo, a caldo, ha affermato che si tratta di “un segnale ormai troppo chiaro. Bisognerebbe essere ciechi per non trovare una chiave di lettura”. Quasi esplicio il riferimento del magistrato il quale collega il tutto alla stagione dei veleni che, negli ultimi anni, ha condizionato gli ambienti giudiziari reggini: dallo scontro tra magistrati alla vicenda del pentito Nino Lo Giudice che, dopo essersi accusato delle bombe del 2010, ha ritrattato tutto e, da alcuni mesi, è scomparso nel nulla.

Le cose vanno in un certo modo perché riguardano qualcosa collegato alla Procura generale. – ha aggiunto Di Landro – Ho la grande consapevolezza che tutti sanno come sono andate le cose. I fatti sono evidenti. Se si è sparato a Santa Caterina (un quartiere della città, ndr) non hanno sparato a Sbarre (un altro quartiere, ndr)”.

Un modo come un altro per dire: nel mirino di chi fa esplodere le bombe e piazza le bottiglie di benzina c’è la Procura generale di Reggio Calabria

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