I “giudici di provincia” si ribellano a Ilda Boccassini, capo della Direzione direzione distrettuale antimafia di Milano e pm in processi di grande rilievo, a cominciare dal caso Ruby contro Silvio Berlusconi. I giudici penali del tribunale di Busto Arsizio (Varese), scrive il Corriere della Sera, hanno inviato un esposto al Csm perché l’organo di autogoverno dei giudici valuti le affermazioni “denigratorie”  e “generiche” profferite dalla celebre collega a un convegno su criminalità organizzata ed economia che si è svolto l’11 ottobre all’università Bocconi. “I giudici di provincia, con tutto il rispetto, non sanno nulla“, aveva detto in quell’occasione Boccassini, nota per la sua scarsa o nulla diplomazia. 

Nell’intervento, il magistrato lamentava che mentre le indagini antimafia sono concentrate nelle Direzioni distrettuali presenti in ciascun distretto corte d’appello, i conseguenti processi si celebrano nei tribunali competenti per territorio, dove i giudici non sono specializzati e quindi non sarebbe in grado di cogliere “substrati e codici mafiosi“. Secondo Boccassini, serve invece “una visione globale” che può avere “solo il tribunale distrettuale, ma non sono  mai stati attivati. E questo è un problema serio”. Di conseguenza, continuava Boccassini, “dobbiamo andare a fare i processi a Busto Arsizio, a Como, a Lecco, e Reggio Calabria deve andare a Locri, a Palmi: il che significa polverizzare tutto e mettere nelle mani di giudici di provincia che, con tutto il rispetto, non sanno nulla”. Da qui l’ira dei colleghi di Busto (Bossi, Bovitutti, Frattini, Guerrero, Lualdi, Novick, Zoncu), che chiedono al Csm se un’affermazione del genere non delegittimi il loro lavoro.

Il conflitto tra giudici competenti per materia e giudici competenti per territorio è di lunga data, e già se ne discuteva ai tempi di Falcone e Borsellino. Ma non è solo una questione giuridica. Negli ultimi mesi, diverse indagini della Direzione distrettuale antimafia di Milano hanno visto cadere l’accusa di 416 bis. In Cassazione per le inchieste sulla ‘ndrangheta a Buccinasco denominate Cerberus e Parco Sud (quest’ultima fu la prima inchiesta dell’era Boccassini alla Dda di Milano); in primo grado (al tribunale di Monza) e poi in Cassazione per il processo Isola su Cologno Monzese. A Pavia, inoltre, sono cadute le accuse di voto di scambio a carico di Carlo Chiriaco, condannato invece in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo “Infinito”, la più importante inchiesta antimafia degli ultimi anni, firmata da Boccassini con i colleghi di Reggio Calabria. 

L’inchiesta Infinito, con i suoi 160 arresti per ‘ndrangheta nella sola Lombardia, ha segnato una svolta fondamentale, ma negli uffici investigativi di Palazzo di giustizia non fila tutto liscio. L’8 ottobre era stato ancora il Corriere a dar voce alla protesta del Cobar, il “sindacato” dei carabinieri, che denunciava «l’inaccettabile mortificazione della dignità professionale degli agenti e ufficiali» di polizia giudiziaria, impiegati da alcuni magistrati della Procura come segretari e passacarte. E la Dia di Milano ha messo nero su bianco, nell’ultima relazione depositata in Parlamento, che “l’azione di contrasto alle organizzazioni criminali, valutata sulla scorta dei provvedimenti emessi dalle autorità giudiziarie, ha evidenziato un’ulteriore flessione”.

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