Il mestiere c’è e non mancano cuore e fantasia. Così Diego Rossetti, sì quello delle scarpe, dopo vent’anni di lavoro aziendale, si è messo a fare altro: un orto – ovviamente bio – di ben 5mila metri quadrati nella padana Cantalupo. Un pentito della moda che si trova più a suo agio con zucche e zucchine che con bilanci da far quadrare. Diego si è pure fatto il suo vino, un bianco Cuvèe di Pinot. Gli ha messo un’etichetta fiorata e lo ha chiamato profeticamente “Augurio”. Poi ha chiamato gli amici. La prima è stata Anna Maria Conticelli, esperta di “emozioni visive” (che ha invitato la sottoscritta), per ascoltare della buona musica, per giocare a carte, cercare funghi e pedalare tra paesaggi autunnali annusando tradizioni locali. Emanuele, che si fa chiamare cuoco e non chef (perché da queste parti tutto è più autentico), prepara ravioli alle ortiche e gelato di fiordilatte. Il Circolo del Gelso, così Diego lo ha chiamato, è l’avamposto lontano anni luce dal fashion biz. Per passare il tempo senza che il tempo ti passi addosso e qui ci si dimentica perfino della crisi che morde come un cane affamato.

Tra i soci ad honorem Alberto Aspesi, è l’anti-personaggio che incarna l’anti-fashion. Aspesi è di Gallarate e da 42 anni vive e lavora a Legnano. Senza muoversi da lì, anticipa le mode. Ha inventato il piumino da città, ha prodotto la griffe giapponese Comme de Garcon quando la moda del Sol Levante era considerata roba da alieni. Il marchio Aspesi è diventato global, ma lui è rimasto local nello spirito. Il cortile del suo spazio in via Montenapoleone a Milano è sede ultra-gourmet del “Bacaro del Sambuco”. Ma si schermisce: “Sono un giovane anziano di provincia. La città mi spaventa, è tentacolare. Sono quello con l’elastico, se mi spingo oltre Legnano, zac, la molla mi rimbalza indietro”. E Aspesi rimane uno fuori dal coro. Un coro sempre più stonato.

All’ombra della Scala ha aperto Larte, ristorante e galleria d’autore in un unico spazio. Espone opere di quotati artisti contemporanei, all’occorrenza in vendita, e serve cibo di inconfondibile gusto caprese-partenopeo preparato con cura maniacale. E’ l’ultima creatura di Tonino Cacace, leggendario patron del Capri Palace, a sua volta galleria d’arte e albergo superlusso, con la più bella spa dell’isola di Tiberio. Estensione “marina” dell’hotel è lo squisito Il Riccio, ristorante sospeso nel blu, una terrazza praticamente sulla soglia della Grotta Azzurra, dove si sogna ad occhi aperti anche per l’incredibile wunderkammer di sola pasticceria fatta di babà, sfogliatelle, struffoli, cassate e zuccotti. L’uomo, insomma, con i sensi ci sa fare e ne dà nuova prova a Milano. Nel cuore nobile della cultura e della finanza meneghina, dove hanno le sedi storiche le grandi banche e con la consulenza di Davide Rampello, ex direttore della Triennale. In un paesaggio quanto mai lontano dalle delizie capresi, hanno ritagliato un altro angolo di benessere sensoriale. Pareti di cemento grezzo e bottiglie in sospensione orizzontale, luci garbate, arredi di De Padova e di Zanotta, personale caprese doc, attento e dai modi delicati, cucina a vista con troupe di cuochi indaffarati tra acciai scintillanti.

Mancava solo lui nel panorama “eccezzziunale veramente” letterario. Diego Abatantuono è di nuovo alla ribalta con una doppietta. Libro “Ladro di cotolette” e bistrot formato polpetteria, zona stazione di Porta Genova a Milano. Ma ha scelto un nome più cosmopolita “The Meatballs family” di cui è socio, ideatore e assaggiatore. Si servono solo polpette: di carne, di soya, di tonno, gamberi e polipo, cacio e pepe, spinaci e provola ecc. Insomma, la polpetta in tutte le salse e declinazioni.

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