Alcuni dei vincitori del World Food Prize, l’annuale simposio oranizzato dal Borlaug Dialogue (dal nome del famoso cittadino dell’Iowa Norman Borlaug, considerato da molti il padre della rivoluzione verde e vincitore del premio nobel nel 1970) hanno suscitato un grande interesse da parte dei media.

Il World Food Prize è generalmente considerato il premio Noble del cibo; quest’anno la sua visibilità mediatica è cresciuta notevolmente a causa delle sue relazioni con le multinazionali dell’industria genetica operanti nel settore agricolo. Tra i vincitori dei riconoscimenti ci sono Robert Fraley (Monsanto) Mary-Bell Chilton (Syngenta) e Marc Van Montagu, un pioniere dello sviluppo di raccolti ad alti rendimento modificati geneticamente per resistere a malattie, insetti e climi ostili.

L’apice delle proteste si è raggiunto sabato scorso contro Monsanto e il suo operare nel campo dei raccolti geneticamente modificati. Una campagna chiamata Occupy the World Food Prize è stata il momento culmine delle manifestazioni del premio che ha avuto luogo a Des Moines (Usa); la campagna denota come la visione di un agricoltura industrializzata non sia apprezzata dai cittadini americani (di tutte le nazioni del mondo gli Usa sono quelli dove la diffusione di Ogm è maggiore). Ad accentuare l’interesse mediatico per le proteste è stato anche la diffusione al pubblico di alcune scelte, in ambito di donazioni, che la Monsanto da deciso di fare. Dal 1999 al 2011 la multinazionale genetica ha donato 380.000 $ alla fondazione World Food Prize (come riporta il sito di Al Jazeera) e 5 milioni di dollari sono stati donati per rinnovare la “Hall dei Laureati” un museo pubblico in memoria di Borlaug.

La fondazione ha da sempre supportato la visione e l’approccio della moderna agricoltura che è stata alla base della famosa rivoluzione verde nel 1960. Borlaug ha vinto il premio Nobel per il suo lavoro nel combattere la fame nei paesi in via di sviluppo prima dell’avvento dei raccolti geneticamente modificati. Il suo approccio miscelava soluzioni quali tecniche agricole mono cultura e pianificazione agricola su larga scala. Simili soluzioni sono supportate dalle industrie genetiche come Monsanto. I critici di queste soluzioni focalizzano le loro perplessità sul metodo che riduce la biodiversità delle culture e richiede un largo uso di pesticidi, penalizzando la diversità agricola ed un più localizzato, con metodi agricoli di volta in volta sviluppato per adattarsi ai singoli ambienti climatici.

L’anno scorso in Brasile Monsanto è stata condannata a pagare 2 miliardi di dollari per aver chiesto royalty, ingiustamente, ai contadini che usavano le sementi sviluppate da Fraley. Una simile reazione nazionale si è avuta in India dove i contadini si sono opposti strenuamente alle multinazionali genetiche.

Tralasciando per un attimo il tema delle proteste anche nella comunità scientifica è presente un cauto approccio per le sementi geneticamente modificate e tutta l’industria ad esse collegate. Se da un lato le maggiori agenzie di sicurezza alimentare considerano tali prodotti sicuri vi sono differenti gruppi che hanno una visione opposta. Famoso è il caso dei ratti trovati positivi ai test per il tumore nutriti da mais coltivato usando il pesticida Roundup Ready per quanto ulteriori test della comunità scientifica hanno messo in dubbio l’approccio di analisi e studi. Un approccio sicuramente di rilievo che può offrire una via di mezzo è l’etichettatura dettagliata su ogni prodotto sia ad uso umano che animale, con specifiche informazioni che riportino la presenza totale o parziale di prodotti geneticamente modificati nell’alimento in commercio.

Raggiunto telefonicamente il direttore della comunicazione di Syngenta Italia ha dichiarato: “Attualmente viviamo in un contesto in cui le risorse naturali sono sempre più scarse e il processo di urbanizzazione assieme ai cambiamenti climatici mettono sempre più a rischio terreni e produzioni agricole.

Oggi è assolutamente necessario elevare la resa delle coltivazioni per sostenere la crescente popolazione mondiale. Crediamo che l’impegno in attività di ricerca&sviluppo possa contribuire in modo sostenibile a questo risultato nel pieno rispetto dell’ambiente. La tecnologia in agricoltura è a nostro avviso, infatti, indispensabile per riuscire a rispondere alle moderne sfide del nostro pianeta.  Sostenibilità significa proteggere l’ambiente e le sue risorse ma anche garantire la sussistenza della popolazione globale.”

I rapidi cambiamenti climatici e la crescita della popolazione implicano soluzioni efficienti per sfamare la popolazione e controbilanciare i cambiamenti climatici in atto. Resta da considerare quali siano le soluzioni più adatte che privilegino sia la biodiversità e le tradizioni autoctone delle single popolazioni sia un approccio più strutturato e centralizzato come le attuali tecniche agricole occidentali.

Twitter: @EnricoVerga

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