Consigliere provinciale, vicesindaco di Rizziconi, un Comune della piana di Gioia Tauro, del quale è stato anche assessore al bilancio. L’Udc lo aveva candidato anche al Parlamento. Ma in realtà Pasquale Inzitari viene descritto dai magistrati della Dda come un “politico e imprenditore colluso con la ‘ndrangheta, capace di spregiudicati cambiamenti di copertura mafiosa”. Condannato a 3 anni e 4 mesi di carcere, Inzitari era espressione della cosca Mammoliti-Rugolo, condivideva “subcultura, logiche e comportamenti di ‘ndrangheta”. È tutto scritto nel decreto con cui il tribunale di Reggio Calabria ha confiscato i beni dell’ex consigliere provinciale. Un impero di 60 milioni di euro costituito da diverse società, negozi di elettronica “Expert”, conti correnti e rapporti finanziari per quasi 2 milioni di euro. Il figlio di Inzitari, Francesco, è stato ucciso nel 2009 con 10 colpi di pistola: l’omicidio è rimasto impunito.

La confisca di oggi è stata eseguita dalla Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria. Gli uomini del colonnello Gianfranco Ardizzone hanno ricostruito l’inchiesta “Saline” coordinata dal sostituto della Dda Roberto Di Palma che, nel 2008, aveva arrestato Pasquale Inzitari, ritenuto imprenditore di riferimento delle cosche della Piana era il dominus del centro commerciale Porto degli Ulivi, realizzato dalla società Devin.

Un affare politico, imprenditoriale e mafioso che aveva portato Inzitari ad accordarsi con la cosca Crea per l’acquisto dei terreni agricoli miracolosamente diventati edificabili grazie a una delibera ad hoc che il politico ha fatto approvare dal consiglio comunale di Rizziconi. Dopo aver consentito la realizzazione del centro commerciale, il boss Teodoro Crea aveva avanzato alcune pretese tra cui una mazzetta da 800mila euro, la costruzione di una colonnina di benzina all’esterno del Porto degli Ulivi e l’assunzione di due persone.

Tentativo di estorsione che avrebbe spinto Inzitari a rivolgersi non solo alla polizia ma anche al cognato Antonino Princi, pure lui indagato prima di essere ucciso con un’autobomba al centro di Gioia Tauro. Servendosi dell’ingenuità di Rosario Vasta (altro socio della Devin) Princi avrebbe indicato alla squadra mobile il luogo dove si nascondeva il latitante Crea che è stato così arrestato nel luglio 2006. Un atteggiamento quello della cosca Rugolo in linea con lo stile della ‘ndrangheta che all’apparenza ripudia i cosiddetti “infami” per poi utilizzarli con lo scopo di mettere “fuori gioco” i rivali. Con l’arresto del boss, Princi sarebbe riuscito a incassare il 16% del profitto della vendita del Porto degli Ulivi, acquistato nel 2007 dalla banca svizzera Credit Suisse per circa 11 milioni e 600mila euro.

Ma la ‘ndrangheta non dimentica. E la cosca Crea non ha fatto sconti a chi ha tentato di fare affari servendosi del potere criminale della famiglia per poi metterlo da parte. Nel dicembre 2009, a Taurianova il figlio del politico è stato trucidato con dieci colpi di pistola mentre usciva da una pizzeria. Appena diciottenne, Francesco Inzitari due anni prima era stato vittima di un tentato omicidio. Era stato accoltellato da altri ragazzi che, per la Procura, sarebbero stati vicini alla cosca Crea. Dieci colpi di pistola rimasti impuniti e che, a distanza di tempo, hanno ancora il sapore della vendetta trasversale.

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